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Rocchini, un ex Grassina all’Inter: “In rossoverde ho lasciato il cuore. Inzaghi? Un signore”






C’è un po’ di rossoverde in Serie A. Nell’Inter reduce dal secondo posto in campionato e dai trionfi in Coppa Italia e Supercoppa, spicca anche lui. Riccardo Rocchini, ex allenatore del Grassina, collaboratore tecnico di Simone Inzaghi: “Ma mi si vede poco, in realtà. Sono collegato dalla tribuna con l’auricolare. Scendo in campo soltanto in rare occasioni. Tipo quando si vince un trofeo…”.

Ecco, allora quest’anno sei sceso in campo due volte.

E potevano essere tre. Peccato. Ad ogni modo abbiamo disputato una stagione più che positiva. Non dimentico che quando siamo partiti c’erano tanti dubbi: le cessioni di Lukaku e Hakimi, la perdita forzata di Eriksen avevano lasciato molte perplessità alla piazza e a tutto il calcio italiano. Eppure mi sembra che non si sia fatto così male”.

La tua storia comincia da molto lontano: per arrivare all’Inter ci sono state tante tappe intermedie.

“Sì, assolutamente. Ho giocato a calcio in Serie C per un po’ di tempo, poi ho scelto di intraprendere il percorso da allenatore. E l’esperienza che mi ha lasciato più insegnamento è stata senza dubbio quella di Grassina: ho conosciuto gente stupenda, un ambiente che ti rimane dentro e tanto bel calcio”.

Dopo il Grassina ti sei legato a Marco Baroni, che hai seguito in diverse esperienze.

“Sì, abbiamo lavorato a Siena, Benevento, Frosinone e Cremona. Con lui ho vissuto emozioni fortissime, è un grande intenditore di calcio e merita di raggiungere enormi traguardi. Credo che finora abbia raccolto troppo poco rispetto a quanto seminato”.






Con Simone Inzaghi (a sinistra) durante la preparazione estiva ai tempi della Lazio

Da dove comincia invece il tuo rapporto con Inzaghi?

“Abbiamo conoscenza in comune, quella di Mario Cecchi. E’ un collaboratore del mister che a me piace molto: abbiamo idee simili sul piano calcistico, ci siamo sempre detti che potevamo lavorare insieme. Così, nell’’estate in cui Inzaghi decise di prendere una persona in più in biancoceleste mi proposi per un colloquio e mi arrivò la chiamata dal club. Andai a Roma a parlare con loro, rimasi impressionato in positivo dall’ambiente. Dopo un mese e mezzo mi dissero che ero dentro: un’emozione fortissima”.

E cosa hai provato invece quando il mister ti ha chiesto di seguirlo a Milano?

“Quando Inzaghi mi ha telefonato la scorsa estate ho provato sensazioni enormi. Già la Lazio è un club straordinario, avere poi la possibilità di stare all’Inter mi ha conquistato. Mi sono subito sentito a mio agio e l’ambiente Inter mi ha rapito: un luogo signorile. La società ha sempre un atteggiamento molto maturo e poco polemico. La linea di comunicazione dell’Inter non è mai tesa a creare contraddittori o contrasti, a differenza di chi quest’anno ha vinto lo Scudetto e ha pensato bene di esporre uno striscione contro di noi: imbarazzanti. Un comportamento abbastanza diverso rispetto a Marotta, che dopo cinque minuti dalla fine del campionato aveva già fatto i complimenti sportivi al Milan per la vittoria. Bisogna anche saper vincere”.

Com’è Inzaghi fuori dal campo?

“Forte, molto simpatico. A volte scherza, perché giustamente bisogna anche saper stemperare. Dà moltissimo spazio ai suoi collaboratori, soprattutto. Ama il confronto anche con noi che appariamo meno davanti alle telecamere. E di questo gli diamo merito: è un signore”.

Il primo trionfo con l’Inter: la Supercoppa Italia vinta a gennaio contro la Juventus






C’è un giocatore dell’Inter che ti ha particolarmente sorpreso quest’anno, per rendimento o per caratteristiche particolari fuori dal campo?

“Ce ne sono tanti. Mi viene in mente la professionalità e la voglia di non accontentarsi mai di Perisic. Mi ha sorpreso la sua umiltà; ogni settimana ascolta, comprese tutte le partite di preparazione al campionato. Ricordo un Dinamo Kiev-Inter di questa estate, un’amichevole: fu il primo a voler rivedere la propria prestazione per capire dove potesse migliorare, non si distraeva mai. E se dobbiamo parlare di personaggi unici fuori dal campo, Brozovic è indiscutibile: il più simpatico per distacco”.

L’emozione più forte della stagione.

La vittoria in Coppa Italia a Roma. Eravamo sotto 2-1 contro la Juventus, avevamo quasi paura che ci potesse scivolare via. E invece l’abbiamo rimessa in piedi e poi stravinta ai supplementari. Una gioia unica”.

Che differenza c’è fra Inter-Milan e Grassina-Antella?

“Tante categorie, dico sorridendo. La Serie A oggi è qualcosa di molto lontano dalle altre leghe. Il divario si è sempre più aperto negli anni: ricordo che quando facevo il calciatore in Serie C il distacco era minore. Adesso ci sono abissi enormi. Al di là delle cose ovvie, comunque, dico che l’atmosfera del derby di Milano è unica nel suo genere. Ma ogni derby è speciale: non posso dimenticare l’aria di Grassina quando si avvicina lo scontro coi rivali, anche perchè continuo a venire a vedere il Grassina quando posso“.

E che idea ti sei fatto delle ultime annate rossoverdi?

“Pessima, purtroppo. Sono fra i primi tifosi del Grassina, aver osservato da vicino le due retrocessioni mi ha amareggiato da morire. Non so quali dinamiche interne ci siano state per portare a questi problemi tecnici, ma sono rimasto parecchio male. Anche perchè a Grassina ho lasciato non solo il cuore, ma anche un figlio, Mattia, che del rossoverde è innamorato per davvero come lo sono sempre stato io. A lui, ai compagni e alla società di Tommaso Zepponi auguro davvero una pronta risalita dove Grassina merita di stare”.

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