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Visita allo studio di CLET: intervista all’artista che anima i cartelli stradali

Intervista e articolo curato dalla storica dell’Arte Lucrezia Caliani
Fotografie di Eleonora Merciai

Clet Abraham, o più semplicemente CLET come ormai tutti lo conoscono, è un artista francese che da quando è arrivato a Firenze ha invaso la città con i suoi celebri stickers che reinterpretano i cartelli stradali. Nel giro di pochi anni ha lasciato la sua impronta in diversi paesi del mondo, dagli Stati Uniti al Giappone e alcune delle sue opere fanno parte di importanti collezioni d’arte. Ma come è arrivato a Firenze? E come nascono le sue opere?

Siamo andati a trovarlo per fare due chiacchere con lui e farci raccontare la storia di quello che è diventato uno dei più celebri street artist in città e non solo.

Entriamo nel suo studio in via dell’Olmo, nel quartiere di San Niccolò e ci accoglie suo figlio che ci fa accomodare mentre Clet posa i suoi disegni e con un sorriso ci porge la mano. Il suo studio è già di per sé uno spettacolo, pieno di colori, di disegni e di opere originali e la nostra attenzione è subito attirata da un disegno gigante, a tutta parete, del Battistero di San Giovanni che lentamente si trasforma in una moka (non ci avevo mai fatto caso ma c’è in effetti una discreta somiglianza!).






La prima domanda sorge spontanea: come sei arrivato a Firenze?

Dopo aver finito i miei studi in Belle Arti avevo voglia di fare un’esperienza lavorativa all’estero; l’Italia è stato un caso a dire la verità. Un mio amico aveva una bottega di restauro di mobili antichi a Roma e mi ha proposto di andare a lavorare lì da lui, era una bella occasione e l’ho colta al volo, così sono arrivato in Italia nel 1990. A Roma mi sono innamorato e così per una serie di casualità mi sono ritrovato in Casentino, nella provincia di Arezzo. Dopo qualche tempo avevo voglia di tornare più vicino alla città e così nel 2005 mi sono trasferito a Firenze e ho aperto il mio studio. Non ero attirato dalla Firenze “culla del rinascimento” o dal suo patrimonio artistico in realtà, anzi all’inizio non mi piaceva nemmeno particolarmente. Il mio legame e amore verso Firenze è cresciuto man mano che ci vivevo.

Quando sei arrivato facevi già opere sui cartelli stradali?

No, mai fatte prima. All’inizio ero un artista più “tradizionale”, facevo opere figurative, molto più classiche, non ci avevo neanche mai pensato.

E come nasce allora l’idea?

Da un sentimento di fastidio. La prima cosa che ho pensato quando sono arrivato a Firenze è stata che tutto ciò che avevo davanti agli occhi era molto bello, mi sembrava di essere dentro una cartolina. Scorci incantevoli, panorami unici. E poi all’improvviso in mezzo a tutta questa bellezza sbucava sempre un cartello stradale a rovinare tutto. Ho pensato e penso tutt’ora che a Firenze ce ne siano davvero troppi, sono ovunque e rovinano la grazia di tutto ciò che sta intorno. Così ho deciso che potevo fare qualcosa per renderli più belli e gradevoli da vedere. Inoltre i cartelli stradali hanno un fascino particolare per me perché hanno una loro essenzialità di forme e colori. Li trovo attraenti, anche da un punto di vista di significato. È interessante pensare che a quel segno venga universalmente riconosciuto un certo significato.






Ti ricordi qual è stata la prima opera che hai realizzato? Qual è il primo cartello che hai modificato?

Certamente. Si tratta di un cartello di strada senza uscita, che ha la classica forma a T. Quel cartello è diventata una Crocefissione.

Un’opera sicuramente non semplice, che potrebbe essere interpretata in molti modi. Che cosa volevi comunicare?

Non voleva essere un’opera blasfema, tutt’altro. Era piuttosto un omaggio ma allo stesso tempo una critica del dogma. La cristianità infondo fa parte del nostro bagaglio culturale di occidentali, soprattutto in Italia.

In generale l’intento delle tue opere è semplicemente estetico o racchiude anche un messaggio?

Sono interventi estetici certo, e alcune opere hanno solo quella finalità. Molte altre invece, la maggior parte, hanno anche un messaggio. Principalmente i cartelli stradali servono a far rispettare le regole della strada quindi rappresentano l’autorità, la legge e in qualche modo un’imposizione. Il messaggio che vorrei arrivasse è quello che è necessario rimettere in questione almeno alcune imposizioni. È un invito a partecipare e a costruire le proprie regole.

A proposito di regole, tu hai avuto spesso problemi legali per le tue opere, il più delle volte giudicate delle autorità come atti di vandalismo. Ne è un esempio la tua scultura “L’Uomo Comune” sospesa con un piede nel vuoto su Ponte alle Grazie…

Sì, quella scultura è stata rimossa dopo un mese dalle autorità perché non autorizzata ma io l’ho rimessa al suo posto; mi hanno fatto una multa molto alta con l’accusa di invasione abusiva di spazi pubblici. Però la sentenza alla fine è stata annullata e mi è stato concesso di ricollocare l’opera al suo posto. Nonostante questo c’è stata un’ulteriore rimozione da parte delle autorità, che ne hanno anche rovinato un pezzo tagliandola. Alla fine, l’ho ricollocata di nuovo sul ponte per la terza volta perché erano gli abitanti del quartiere a chiedermelo, loro la volevano e per me era questo l’importante.

C’è un buon rapporto quindi tra te e i fiorentini?

I fiorentini mi piacciono perché hanno un’anima combattiva, l’ho imparato stando qua ed è una delle cose che più mi piace del vivere qui. Se non fossi arrivato a Firenze io non avrei mai fatto i miei cartelli stradali; ora a volte ho voglia di tornare a casa ma forse ho più voglia di restare qua.

 

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Articolo di Lucrezia Caliani
Sono nata in un caldissimo agosto del 1991 a Firenze e ho sempre vissuto a Bagno a Ripoli; mi sono innamorata dell’arte da bambina, guardando un poster di Mirò appeso nel mio salotto. Da allora non ho mai perso questa passione che mi ha portato a laurearmi in Arte Contemporanea all’Università di Firenze e a proseguire gli studi per la laurea magistrale. Mi piacerebbe trasmettere questo amore per l’arte contemporanea e dare il mio contributo per avvicinare quante più persone possibili a questa materia, che potrebbe sembrare lontana e incomprensibile ma riserva sorprendenti bellezze.

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