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SULLA NOSTRA PELLE






Oscar Wilde metteva in guardia dal discutere con gli idioti, poiché riteneva che nello scontro verbale essi riuscissero a trascinare l’altro al loro livello per poi batterlo con l’esperienza. Questo celebre aforisma è perfettamente adattabile all’Italia dei nostri giorni, con la semplice sostituzione del termine idiota con ignorante (sebbene in molti casi le due nature non siano affatto separate).

Prendete ad esempio la discussione della settimana scorsa a Piazzapulita tra il professor Crisanti e l’onorevole leghista Borghi. Quest’ultimo, concitato e sudato, citava impropriamente studi americani che a suo dire negherebbero l’efficacia del distanziamento sociale e affermerebbero l’inutilità più totale dei lockdown.

Mentre Crisanti tentava di controbattere a tali affermazioni, Borghi lo liquidava dicendogli che aveva poca voce in capitolo poiché esperto solo di genetica delle zanzare. Evidentemente irritato dalla cialtronesca boria dell’interlocutore, Crisanti finiva per sbottare affermando ciò che fin da subito era apparso evidente, ovvero che Borghi non capisse nulla di epidemiologia. In un paese normale non ci sarebbe neppure da discutere su chi abbia ragione in una contesa di carattere medico tra un microbiologo con decine di pubblicazioni, professore ordinario alle Università di Padova e Londra, e un parlamentare che al massimo vanta competenze in campo economico.






Eppure, in questo mondo ribaltato che è l’Italia, di Borghi ce ne sono a bizzeffe, da Facebook a Montecitorio, e quelli come Crisanti finiscono per essere derisi, screditati e additati come professoroni del nulla e uccelli del malaugurio.

Pure Salvini ha ribadito le parole di Borghi su Crisanti, e d’altronde non poteva essere altrimenti date le notissime conoscenze epidemiologiche del Capitone, il quale è tornato ad essere l’alfiere delle riaperture e il nemico giurato del coprifuoco. Salvini alla fine si è coperto di ridicolo, avviando una raccolta firme per abolire la chiusura alle 22 ma non appoggiando la proposta fatta dalla Meloni in Parlamento: la solita pavida incoerenza salviniana, emersa anche nel voto contrario alla mozione di sfiducia, sempre di Fratelli d’Italia, contro il Ministro Speranza.

La Lega vuole stare al governo tenendo il piede in due staffe, cercando di cavalcare l’onda del malcontento senza tuttavia staccarsi dagli scranni dell’esecutivo, visto che i miliardi del Recovery fanno gola. Da dentro ad ogni modo è riuscita a forzare la mano sulle riaperture, interpretando, così come altre forze che compongono il governo, quella voglia di “rischio ragionato” espressa da Draghi nella conferenza stampa del 16 aprile.

Rischio ragionato vuol dire in realtà rischio sulla nostra pelle, poiché è altamente probabile, come dicono gli esperti, che questa fretta dettata da pressioni politiche possa portare ad una nuova impennata dei contagi e alla necessità di richiudere tra neanche un mese, con lo spettro di giocarci l’estate. Tutelare l’economia è giusto, ed è innegabile che chi deve mantenere un’attività avesse bisogno di risposte; si parla bene quando si hanno entrate fisse, meno bene quando non si riesce quasi a mangiare, e sicuramente permettere a ristoratori ed altre categorie di tornare a lavorare era necessario.

Il punto cruciale deve però rimanere la sicurezza, ed è con essa che si garantisce a chi lavora di poter riprendere a farlo senza interruzioni. In queste riaperture del “governo dei Migliori” c’è invece un messaggio generale di bomba libera tutti, pienamente recepito da un popolo italiano brulicante di Borghi e sempre più insofferente verso medici e scienziati che sommessamente fanno il loro dovere, mettendo in guardia ed invitando alla prudenza.

Se avessimo seguito i Salvini o i Borghi fin da subito oggi saremmo come il Brasile di Bolsonaro, un gigantesco terreno di diffusione di varianti dove dei morti si è quasi perso il conto. Per fortuna così non è stato, ma a forza di prendersi rischi più grandi di quelli che possiamo permetterci potremmo avviarci verso un sacrificio di vite umane destinato a crescere esponenzialmente.

Magari saranno solo altri vecchi, ottantenni di cui si può fare a meno purché si salvi l’economia, come ha detto da Floris l’ineffabile Giuliano Cazzola. Ci assumiamo la facoltà di decidere chi deve vivere e chi può morire, di stabilire quali vite sono utili e quali non lo sono. Non c’è posto per i deboli e i fragili nell’Italia che riparte, un misto tra una gigantesca azienda e la Germania nazista degli anni Trenta.






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