Nel “decadentismo” toscano: una domenica a Toiano, paese fantasma
La ventitreenne Silvia Romano, cooperante italiana, rapita il 20 novembre del 2018 nel villaggio di Chakama – 80 km da Malindi, oggi alle 14 e’ arrivata all’aeroporto di Ciampino per esser accolta dai Capi di Stato ed essere interrogata in giornata dal Pm Sergio Colaicco della Procura di Roma. A lui e al suo team, il compito difficile di ricostruire questi 18 mesi di prigionia, legati al rapimento da parte da un gruppo di islamisti di Alshabaab.
Avevano commissionato il rapimento armato di Silvia, ad un gruppo terroristico del luogo. In questo modo, nel puro sgomento di quel lontano giorno di novembre, fra le urla spaventate dei bambini del villaggio, sparando addosso alla gente, rimasta ferita, Silvia era stata prelevata con la forza, montata su una moto, percorrendo km e km nel bosco, sparendo nel nulla, fino al Natale 2018, dove si erano ricostruite poche tracce della sua esistenza , a cui aveva fatto seguito la carcerazione di 16 terroristi. Dopo, un silenzio massacrante era piombato sui Social: “Silvia Romano dimenticata dall’Italia”.
Davanti ai nostri occhi erano ripercorsi i volti di tutti i giovani mai più ritrovati e dati per dispersi, a partire da quella in bianco e nero di Manuela Orlando. Al corpo ritrovato senza vita di Giulio Regeni.
Un colpo dritto al cuore, un silenzio sordo di morte. Invece oggi, in maniera inattesa sul Web, Silvia torna con in fronte il nome di ogni nostro giovane che avremmo voluto veder tornare sano e salvo. Somiglia alla gioia per il piccolo Farouk, che nel 1992 fu rapito in Sardegna e dopo un tempo immenso e un orecchio tagliato, tornò a casa dai suoi genitori. Qualcosa che non si può scordare.
Spopolano invece oggi sui Social e sui giornali le foto del raggiante sorriso di Silvia , coronato da un velo verde smeraldo, tipico delle donne somale, con il colore della speranza. Titoli in neretto in parallelo alla sua libertà mormorano della sua conversione all’Islam, a Maometto e di un possibile matrimonio segreto con un suo carceriere. Intanto L’Italia vera, quella che vuole solo vederla felice, da Milano est, in Via Casoretto, le canta dal balconi delle proprie abitazioni, “Happy day”, gli 883 e Jovanotti.
Il sorriso di Silvia infonde in tutti noi, in tutto il Paese, una grande energia, una boccata di ossigeno più che mai necessaria in questo momento. Bentornata a casa!
Posted by Giuseppe Conte on Sunday, May 10, 2020
Si piange ovunque di gioia per il ritorno di un nostro giovane vivo, mentre qualcuno già sazio di troppe emozioni, costruisce congetture su questa ragazza. Giudizi, storie. “Lasciatela respirare, lasciatela parlare”, sembra esserci scritto sullo sguardo di molti che hanno aspettato il suo arrivo. Poi ancora “riservate i giudizi per voi”. Lei passa avanti, viva, sembra solo felice, desiderosa di stare con la sua famiglia, tutto qui. Di sicuro in questi 18 mesi qualcosa in lei sarà cambiato, forse la sua religione, forse il suo modo di vestire, magari in quel labirinto terrificante del rapimento può avere incontrato aiuti umani, sguardi di donne che spuntavano dal velo, forse ha fatto di tutto ciò un’ancora, una speranza.
Per forza non è una sola Silvia ma chi ha il coraggio di dichiararsi uno soltanto? Non siamo forse “Uno e Centomila”? Non dite che ha avuto fortuna, perché ora è viva , dite che ha avuto coraggio nell’aspettare la libertà.
Qualcuno dirà che non ha avuto paura, e collegherà il fatto a un rapimento irreale, ma resta impressa quella frase, siglata sui giornali, riguardante le sue prime parole “ho resistito, sono stata brava”. Chi resiste soffre, ma non necessariamente si piange addosso o compare sfinito. Silvia ha resistito a qualcosa che ha cambiato la sua vita non per scelta. La sua scelta era solo insegnare a quei bambini che l’amavano. A Silvia forse sarà bastata, al rientro in Italia, la prima doccia, il primo alito di libertà, per farla sentire così bella e imperturbabile.
Lei che ha saputo del Coronavirus a due passi da Roma. A lei che sarà sembrato nulla, oppure la vera sfida. Forse una radio, qualcuno le aveva detto di…
Di questo esperimento sulla vita di tutti. La sua quarantena non è stata a casa ma in un viaggio oltre i confini della immaginazione. Lei che nella veste inconsueta in cui si presenta vuole forse dirci che non ha mai maledetto il giorno in cui è partita con il “Progetto a sostegno dell’infanzia” ad opera di una Onlus. Vuole forse dirci che non dimentica la sua Laurea in Comunicazioni Sociali con una Tesi sulla Tratta.
Lei diventata per molti mesi, “la donna bianca della tratta segreta” . Chissà quante volte avrà pensato alla sua Tesi di Laurea? Non rinnega la sua vocazione, i bambini che ha seguito e che il destino le ha fatto incontrare. Ve la ricordate la foto che ha spopolato sul Web? Quella con quel bambino fantastico di colore, forse riconoscente per la presenza di Silvia nella sua vita… Ecco, forse Silvia vuole dirci che non può scordarlo. Lei che ha messo la mascherina con la grazia di un accessorio di bellezza.
Un accessorio così moderno nella sua imprevista esigenza, su quel velo smeraldo da cui ha sorriso al mondo. Abbiate quindi riserbo nel costruire congetture qualora lei avesse trame difficili da raccontare, emozioni complesse da ricostruire. Per un attimo proviamo ad immaginare le sue prossime ore, mentre ricostruisce sotto mille riflettori ciò che le è accaduto. Emozionante il momento in cui ha dichiarato “voglio prima parlare con mia madre”. Il padre è rimasto stabile, sicuro di un amore che non si racconta, ma resta nella gola. Abbiate quindi riserbo e accogliete Silvia: viva, vera, cambiata.
Ci piace pensare che forse l’immagine del canto dei bambini di colore a cui lei insegnava l’hanno protetta dalla paura. “Forse ma forse così…” canta Vasco Rossi. Non importa. Silvia è tornata, grazie all ‘indagine portata avanti dagli 007 italiani, più precisamente dall’Aise,formata da una squadra speciale di uomini e donne, alla guida di un grande generale, che la scorsa notte, l’ ha liberata e ha avuto un esito positivo, proprio perché frutto di una operazione condotta nel silenzio, nel riserbo, in sicurezza. “L’Italia non ha scordato Silvia”.
Ogni minima uscita, senza appunto riserbo, avrebbe potuto compromettere l’operazione ed evitare di riportare Silvia Romano in Italia. “L’Italia del riserbo ha permesso la liberazione di Silvia”. Quindi oggi mi sento di dire grazie al riserbo, se ha come fine azioni di vittoria, recupero, salvaguardia, se porta a questo risultato nel mondo rumoroso dei click, dimostrando di essere ancora un valore, non un segreto.
A Silvia e a quei giovani che mai vorremmo dare per dispersi. Ai suoi genitori e al suono delle campane in festa.