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#Restiamoincorsia: l’intervista agli Eroi della Zona Rossa italiana






Dai Colli Fiorentini è “entrato” – seppur restando a casa – all’Ospedale Santa Maria Anunziata, per osservare il grande lavoro svolto dagli eroi della Zona Rossa italiana: medici, infermieri, operatori socio sanitari e non solo, anche volontari, amministrativi e tutti coloro a diretto contatto con i pazienti dei vari reparti.

Da giorni rappresentano i protagonisti di questa difficile vicenda. Grazie ai loro continui sforzi, al loro lavoro e all’audacia che stanno dimostrando all’intera nazione, sono il simbolo della lotta contro questa nuova sfida. L’allarmismo cresce a livelli altissimi per le attuali generazioni di medici e sanitari, che mai si erano trovati ad affrontare una pandemia come quella registrata dal COVID – 19.
Nervi saldi e mente lucida per combattere questa “guerra” : nessuno, meglio di loro, poteva raccontarci ciò che si vive all’interno della struttura ospedaliera in queste ore di grandi tensioni. Abbiamo così contattato vari dipendenti, per farci raccontare tutti gli sforzi che rimangono nascosti ai nostri occhi.

La quotidianità tra le corsie ospedaliere


Come è affrontato da medici e infermieri questo attuale periodo di grave emergenza?

“Da dipendenti ci sentiamo di dire che viviamo un periodo di paura sotto due fronti:
prima di tutto come cittadini, perché ci troviamo davanti ad una condizione restrittiva mai vissuta fino ad adesso dalle nostre generazioni. In secondo luogo come lavoratori: siamo deputati in prima linea, i più esposti, reticenti e sempre attenti l’uno verso l’altro.

Le indicazioni non sono sempre chiare, ci troviamo molto più spesso a seguire il nostro buon senso civico: è l’esperienza a guidarci, cerchiamo di agire nel migliore dei modi verso i più deboli e gli immunodepressi.
Questo non è sempre facile: tutti i piccoli gesti che il nostro lavoro richiede, oltre alle cure vere e proprie –  da una carezza ad un abbraccio, fino ad una mano che da conforto – vengono meno in questo periodo, o sono limitati e protetti da tute.”

Quanto risentono di ciò i pazienti?
Molto, soprattutto perché, vista la situazione, è stato scelto di chiudere il pass ai perenti. Una scelta che tocca in prima persona i malati, sia a livello umano che psicologico: quest’ultimi sono soli ad affrontare la malattia. Le uniche figure siamo noi, che possiamo offrire il nostro aiuto soltanto dietro il vestiario adeguato. Molto spesso ci sentiamo “colpevoli” di un taglio ai legami tra il paziente ed i suoi cari. Non possiamo però fare altrimenti, e ci spingiamo a parlare con delicatezza al parente per sostenerlo e tranquillizzarlo.

COVID -19
Un’infermiera nelle vestizioni adeguate per rispondere all’emergenza

Sotto il punto di vista del contagio i pazienti si trovano invece tranquilli: molti di loro, al contrario di quel che si può pensare, si sentono al sicuro tra le mura ospedaliere. Non nascondiamo che in alcuni casi i malati si sentono intimoriti dalle protezioni che ci vedono indossare, ma ad oggi dentro i reparti non abbiamo assistito a grandi scene di panico.”

Vi sentite tutelati durante il vostro lavoro?
Difficile rispondere. Il disagio ha colpito tutti noi in maniera improvvisa e ci ha trovato impreparati e non abbastanza protetti dalla situazione di emergenza: il materiale scarseggia e abbiamo difficoltà a recuperare i DPI (Dispositivi di Protezione Individuale) per gli alti costi previsti. Ovviamente ci sono reparti deputati ad hoc per rispondere all’emergenza del virus – come il pronto soccorso, il reparto di terapia intensiva e quello di malattie infettive -.

Quest’ultimo è strutturalmente adibito per rispondere con tutti i mezzi necessari, come l’anticamera, la divisa monouso e la possibilità di vestizione nella cabina antifiltro. La loro principale difficoltà riguarda invece il sovraccarico lavorativo, molto più caotico rispetto agli altri, trovandosi così a dover potenziare il proprio personale. I reparti deputati ad altri tipi di malattie hanno più difficoltà e paura, lavorano costantemente sotto tensione: qua abbiamo camere condivise (fino a cinque letti), bagni in comune e molto spesso mancano le protezioni adeguate.

La paura esce inoltre insieme a noi dall’ospedale: quanto riusciamo a salvaguardare la salute dei nostri parenti?”


COVID -19
Medici, infermieri e amministrativi sono tutelati con vestizioni adeguate






I cambiamenti nel primo soccorso

La cose cambiano in modo particolare per quanto riguarda il pronto soccorso. Il reparto, come ci raccontano gli stessi operatori sanitari e amministrativi, ha visto dei forti cambiamenti non solo nelle operazioni logistiche, ma anche nel proprio modo di lavorare.

Quali sono stati i cambiamenti più rilevanti?
“Prima di tutto è cambiato il triage: per evitare di fare accedere al pronto soccorso un possibile contagiato è stata predisposta la tenda pre – triage. Questa ha lo scopo di fare da filtro. All’interno della tenda abbiamo un infermiere completamente protetto. Appena fuori dalla tenda quest’ultimo è affiancato da una guardia giurata. All’interno gli infermieri fanno turni di quattro ore e la tenda è attiva ventiquattro ore su ventiquattro.  

Un altro aspetto che ha cambiato molto il nostro modo di lavorare è dovuto anche al calo degli afflussi e alle sale di aspetto semideserte: con ciò ci rendiamo realmente conto non solo della paura che ha colpito la società, ma anche di quanti accessi inopportuni o relativamente emergenti vediamo ogni giorno.

Siete obbligati ad una vestizione opportuna, quanto complica il vostro lavoro?
“Un poco, ma è necessario utilizzarla. Siamo protetti da guanti, mascherine, tute, cuffie ed occhiali. I DPI sono dolorosi e fastidiosi. Dopo turni di moltissime ore rimangono i segni sul viso. Molto spesso senti il bisogno di aria per il contatto fisso con la mascherina. I guanti, oltre a rendere difficile la manualità anche nei gesti più semplici, fanno sudare molto – come del resto lo stesso camice.

Non possiamo però privarci di queste precauzioni, ed anzi, nel nostro reparto molto spesso si invitano i pazienti ad utilizzare mascherine per potersi adeguatamente proteggere.


COVID-19
Le vestizioni per chi lavora a stretto contatto con i contagiati

Da medico, cosa può dire alla popolazione?
“Forse ci siamo resi conto tardi della gravità del problema, ma pur sempre in tempo per cercare di recuperare: adesso le persone devono essere consapevoli del pericolo, anche – e soprattutto –  i giovani, che  spesso sentono di essere invincibili. Siamo tutti uniti a dire che ci avviciniamo a dover scegliere chi curare, e nessuno vorrebbe trovarsi ad essere il soggetto costretto a rinunciare al sostegno.
Noi faremo del nostro meglio per mandare avanti l’intera struttura ospedaliera, confidando nella forza di volontà di tutti i dipendenti che con grande ingegno e cautela stanno portando avanti il loro quanto mai più faticoso mestiere. È per noi una situazione estenuante e logorante sia a livello fisico che psicologico, ma fieri di poterla affrontare e fiduciosi del grande potenziale della sanità regionale e nazionale.

Non dimentichiamoci però che gran parte del lavoro deve essere fatto al di fuori di queste mura: noi restiamo in corsia a curare la salute di tutti, voi aiutateci a contribuire restando in casa!






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