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Nella “Stanza degli Incontri” dell’Opera Pia Vanni, dove il vetro protegge…ma non divide






Tutto è pronto.
La giovane infermiera dell’Opera Pia Vanni di Impruneta apre la porta e Marcello può entrare nella stanza degli incontri. Di là dal vetro lo attende una signora di 93 anni, originaria di Strada in Chianti e da un decennio ospite della residenza imprunetina: è la mamma, mancano pochi giorni al Natale ed il saluto, pur insolito per le modalità, è d’obbligo.

Figlio e madre sono ad un soffio di distanza, vicinissimi eppur separati da un vetro che significa “sicurezza”, per tutti, anzitutto per la signora anziana. La mano di Marcello si posa sulla superficie trasparente, batte richiamando l’attenzione della mamma che è lì, presente, un calore che oltrepassa la barriera e compensa un abbraccio che deve attendere. Che cosa? La fine del tunnel pandemico la cui luce si intravede, laggiù, la distanza che separa ospiti e parenti dalla puntura vaccinale e da un ritorno definitivo alla normalità.

Nel frattempo, però, la vita ha dovuto guardare avanti e adeguarsi al presente con stratagemmi che ovviassero alle impossibilità dettate dal Covid. L’Opera Pia Vanni di Impruneta, già dal primo lockdown, ha messo su (letteralmente) quattro mura che potessero ospitare visite esterne senza far accedere nessuno dentro la residenza.
La stanza degli incontri, appunto.






“Quella parete non c’era – racconta l’infermiera – è stata realizzata in cartongesso per isolare il secondo ingresso che dà su Via Vanni e costruire un locale dedicato agli ospiti. Molti familiari hanno apprezzato, qualche parente si è lamentato ma, considerate le direttive di non ricevere utenti esterni in RSA, questo era l’unico modo per preservare le visite”. 

Rigorosamente su appuntamento, a distanza di mezz’ora l’una dall’altra, tutto curato nel minimo dettaglio, tocca al prossimo. Marcello se ne è andato e l’operatrice della struttura è passata munita di spruzzino per disinfettare ogni superficie di contatto: dalla porta lignea entra una signora di circa 50 anni, è la figlia della paziente Giancarla che, per privacy, non riprendiamo in volto.

Indossa la mascherina anche se è sola, al di là del vetro, si misura la temperatura e firma l’ormai consueto pezzo di carta, poi, saluta mamma. Aziona il telefono e inizia il “colloquio”, come lo chiamano per semplificare gli addetti della struttura. 

Mezz’ora dopo lo schema si ripete, la sanificazione del locale sorvegliato dal David di Michelangelo in cornice, dunque l’accoglienza di nuovi ospiti. Sono le 17, è l’ultima visita di giornata, ad accedere nella stanza sono due fratelli, i figli di Valentina, 93 anni. 

“Quando posso ti strizzo tutta”, l’esordio di uno dei figli con la classica ironia toscana. Sono felicissimi di veder la mamma, il vetro diventa invisibile, Valentina apprezza incoraggiata dall’infermiera Paola che le regge il telefono, muove le mani, le porge in direzione dei figli come a volerne accarezzare i volti.

“Fa un piffero a te il covid, eh mamma”.
L’incontro è bello, si comprende il valore della possibilità, la percezione di dare e ricevere qualcosa in un periodo di rinunce. Uno dei figli avvia una videochiamata con altri membri della famiglia, c’è da salutare la nonna, la suocera; poggia lo smartphone al vetro: “Mamma guarda chi c’è”. 

La giornata di visite è finita, l’infermiera Paola e la mamma Valentina salutano e tornano di là, nella sala comune dell’Opera Pia Vanni, tra le strutture meno colpite dal contagio di tutta la Toscana. Da inizio pandemia, a marzo 2020, nessun focolaio ha preso vigore all’interno della struttura e di positività se ne sono contate sulle dita di una singola mano, isolate in tempo e senza gravi conseguenze. Anche grazie a screening periodici (ogni 10-15 giorni) ai quali sono stati sottoposti operatori e ospiti, tutt’ora vigenti. Anche grazie all’originale pensata della “Stanza degli Incontri” dove una superficie trasparente protegge…ma non divide.






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