Nel “decadentismo” toscano: una domenica a Toiano, paese fantasma
Viaggio fotografico nel paese fantasma di Toiano
Ad un’ora e poco più da Firenze, per una gita fuori porta consigliata, vi è il paese fantasma di Toiano, nell’entroterra della provincia di Pisa. Una misteriosa ghost-town, come la chiameremmo vedendola da uno schermo 42 pollici, filtro bianco e nero, mentre un fotografo e narratore vi conduce nel viaggio.
Passi, stavolta vostri, che riecheggiano nel silenzio del selciato in pietra, battuto soltanto da gatti.
Toiano si raggiunge in macchina, deviando in una strada sterrata senza sbocco, inaugurata da una ex abitazione anch’essa lasciata ai fasti della memoria. La cartolina per entrare in una storia di abbandono è perfetta: da Toiano, 1947. Non un anno qualsiasi: era il 5 giugno quando il secondo dopo guerra della Valdera fu investito dall’omicidio irrisolto di Elvira Orlandini, 22 enne sgozzata nei dintorni di Toiano, il cui corpo fu scoperto durante il Corpus Domini. Divenne uno dei primi casi mediatici italiani ed aggiunse, quando il paese divenne fantasma, un ulteriore alone di suspence, narrazioni, decadentismo.
La strada sterrata, crivellata di buche, ha un solo destino: Toiano, affollata di pensieri che tradiscono l’assenza di società e adagiata sul promontorio che osserva piana pisana e calanchi volterrani. Sull’ultima salita prima del ponte sorge un cimitero che ancora ospita qualche vivo nella cura del defunto, comunque sgarrupato, storto, romantico. Qualche metro oltre vi è la Chiesa dedicata a Giovanni Battista, rigorosamente chiusa, anticamera del ponte che un tempo era levatoio.
Tra le cause dell’abbandono di Toiano, avvenuto definitivamente nel secondo Novecento, vi è il cammino senza ritorno verso centri cittadini e zone industrializzate dei dintorni, parallelamente alla difficoltà di raggiungere il paese e al precario equilibrio del ponte d’accesso: unica via di ingresso al borgo medievale, soggetto nel corso degli anni a frane e degrado endemico.
Oltrepassata la sbarra, l’occhio trova Toiano. Senza più barriere.
Solo come un paese abbandonato vuole, aggrovigliato da pruni, edera, rampicanti che pretendono spazio. Se c’è il sole non ci andate, troppo colore. Toiano va visitato in una giornata di cielo lugubre, sfumato al grigio, di nuvole che minacciano tempesta. E allora il meteo che grava sulla testa coincide con lo spirito che genera il vuoto, la solitudine, il degrado e tutto è più realistico, tutto torna.
I più avventurosi oltre a battere la via che si apre tra le schiere parallele di case, possono calpestare gli interni: là dove il soffitto non è già crollato, le abitazioni conservano memorie, arredi, dettagli, letti disfatti che suggeriscono una corsa contro il tempo. L’orologio segna le 7:40, ha smesso di battere. Stoviglie rimaste da lavare nell’acquaio, cianfrusaglie sul tavolo, una macchinetta del caffè sul fornello.
Tutto fa pensare ad una fuga improvvisa, un terremoto, un crollo e invece no: l’abbandono di Toiano è stato lento, a passo d’uomo, calcolato nel percorso della Storia asfaltato dal progresso.
Sembra un set fotografico costruito, forse lo è. Comunque bellissimo: c’è una moto d’epoca al terzo piano, finestre chiuse dalle quali entrano fili di luce a illuminare un cimelio, la foto del Papa in una cornice abusata dalla polvere.
Scatti a raffica prima di tornare fuori, sotto un cielo cinereo, dove alcune mollette che reggono soltanto il filo nudo contribuiscono ad alimentare un’atmosfera sinistra, dissestata. Perfetta.