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Nel “cuore pulsante” della Fondazione Tommasino Bacciotti: la Ludoteca gestita da Angela dona colore e vita ai bambini in cura al Meyer

Negli appartamenti che la Fondazione Tommasino Bacciotti mette a disposizione gratuita delle famiglie, c’è una stanza che rompe il vortice di tristezza legata a malattia e ospedali: è la Ludoteca di Angela

Nel grigiore dei palazzi di via dello Steccuto a Firenze, il civico 37 spicca tra tutti gli altri. Il cancello ricoperto dalle tante forme e colori attira i passanti, li invoglia ad entrare, e così facciamo anche noi. Ad accoglierci è Angela Kotlar, insieme alla sua frangia scompigliata, la salopette macchiata di tempere e un sorriso che sembra volerle sconfinare il volto.

Attraversiamo il corridoio che immette nella corte interna, intorno i muri sono ricoperti dai disegni, sulla destra un arcobaleno dà origine alla scritta “Fondazione Tommasino Bacciotti”. Angela ci fa strada come si fa quando entrano ospiti in casa; che per lei quella è casa lo si capisce fin da subito.

Angela, riflessa nello specchio che riunisce i bambini che non ci sono più

Ci mostra i disegni che ricoprono gran parte delle pareti: li ha fatti lei, perché Angela è un’artista, ma è anche tanto altro. A 20 anni parte per il Portogallo e ci resta fino ai 27; quando torna a Firenze conosce Barbara e Paolo, i genitori di Tommasino Bacciotti, scomparso nel 1999 a causa di una rara forma di tumore cerebrale particolarmente aggressiva. Dalla loro perdita decidono di convogliare le tante offerte di solidarietà arrivate, creando un fondo permanente intitolato “Tommasino”, rivolto allo studio di queste malattie e all’accoglienza delle famiglie con bambini colpiti da tali patologie.

Con loro Angela inizia a far divertire i bambini attraverso le sue bolle di sapone, dipinge sui loro volti trucchi coloratissimi, e infine crea la farfalla simbolo della Fondazione. Nel 2019 Angela si laurea in Arte Terapia a Bologna, indossando un camice sul quale il bianco non è quasi più visibile, ricoperto dalle centinaia di dediche, impronte di mani colorate, parole e nomi di tutti i bambini che ha incontrato fino a quel momento. La sua tesi è dedicata proprio alla Fondazione Tommasino Bacciotti; è il momento in cui realizza che quello è ciò che vuole fare nella sua vita.

Mentre racconta la sua storia, Angela ci fa entrare nella ludoteca, quella che lei chiama “il cuore della Fondazione”: al centro della stanza un tavolone è interamente ricoperto da tempere, colori, matite, brillantini, fogli, tele e fotografie. Tra tutti ci indica una cornice sulla quale sono attaccate svariate fotografie: sono i bambini che Angela ha conosciuto all’inizio, i primi a cui ha dato i pennelli in mano e che adesso non ci sono più. E’ a loro che va il suo primo pensiero quando entra lì dentro; poi però vuole passare subito a raccontarci la parte bella di questo progetto, tutta la vita che passa di lì ogni giorno.

E quella vita di cui parla Angela trasuda da ogni angolo della stanza, i disegni “Per Angela” sono attaccati ovunque; su alcuni c’è scritto un “ci vediamo presto”, che poi non è stato né un presto, né un tardi, ma soltanto un mai più. Altri invece sono tornati a trovarla anche dopo aver terminato gran parte delle cure. E’ il caso di Rachele, che arriva in macchina insieme al papà Fabio proprio mentre siamo all’interno della ludoteca. Quando escono dall’auto un fragoroso “ciao Rachele!” risuona nel cortile; è la signora che abita nel palazzo di fronte alle case di Accoglienza della Fondazione. Anche il vicinato si affeziona ai bambini, chi vive intorno alle case di accoglienza respira un pò del dolore che passa di qui.

Rachele corre dentro la ludoteca con Angela, Fabio invece si ferma con noi nonostante la stanchezza del viaggio dalla Sardegna. La sua bambina Rachele ha sei anni quando un’emorragia cerebrale sovverte i piani della sua vita; subisce un’operazione di più di sei ore, dopodiché la diagnosi: tumore al cervello. Da quel momento, per Rachele e la sua famiglia inizia un continuo estenuante movimento da Sassari a Firenze, da Firenze a Trento, da Trento di nuovo a Firenze dove resta per le cure chemioterapiche all’ospedale Meyer. Rachele deve sostenere tre settimane di terapia alternate a dieci giorni di stop: così, per più di un anno.

Rachele e Fabio

Nel mentre Fabio perde il lavoro, vende tutto ciò che ha a Sassari e si ritrova con niente se non una forza che ci scaglia addosso man mano che procede con la sua storia. “Se non fosse stato per la Fondazione, non avremmo saputo come fare”, dice Fabio. Rachele e la sua famiglia hanno trascorso l’intero periodo del lockdown nelle case di accoglienza della Fondazione, che mette a disposizione delle famiglie dei bambini ricoverati presso il Meyer: appartamenti indipendenti in modo totalmente gratuito, provvedendo al pagamento di affitti, manutenzione, utenze e alimenti di vario genere. Le case di accoglienza sono in totale 25: 2 in lungarno Francesco Ferrucci, 8 in via delle Gore, 4 in via Reginaldo Giuliani e via Collodi, 6 in via dello Steccuto, 1 a Rovezzano, 1 in via Francesco Leoncini, 1 in via del Carlo del Greco e 2 a Serpiolle.

Proprio in uno degli appartamenti di Serpiolle si sono da poco trasferiti dalla Sicilia Salvatore e Loredana, che arrivano insieme alla loro bambina Silvia. A lei il tumore le è stato diagnosticato lo scorso agosto, e mamma Loredana da quel momento ha iniziato a vedere tutto bianco, come le pareti dell’ospedale in cui Silvia era ricoverata. Quando entra nella stanza della ludoteca, Silvia corre subito da Angela:

sei contagiosa. Quando ti vedo poi sono felice, mi attacchi il sorriso, le dice.

Per la piccola Silvia i termini medici fanno oramai parte della sua comunicazione; la malattia ha stravolto la sua quotidianità a tal punto da modificarne perfino il linguaggio. Poi si siede al tavolo, prende un foglio e le tempere e inizia a colorare la sua farfalla. Angela resta pietrificata per un attimo. Non credo sia possibile abituarsi a un carico d’amore così potente.

Silvia è senza capelli, il capo chino sul tavolo rivela una cicatrice che parte dal collo e arriva fin sopra la testa. Mamma Loredana inizia a raccontarmi: le sue parole condividono lo stesso dolore di Fabio, ma anche la stessa riconoscenza; se da qualche tempo ha iniziato a rivedere i colori, è solo merito della Fondazione Tommasino Bacciotti e di tutto l’aiuto che sta dando loro. Quando lo dice il suo viso sfigurato dalla sofferenza sembra illuminarsi, un lampo che schiarisce per un attimo un cielo corvino.






Guardo Silvia colorare, il suo corpicino trasmette un’energia intrappolata che quella malattia bastarda non le consente di esprimere. Se davvero esistesse qualcuno lassù non permetterebbe tutto ciò. Me lo ripeto e me lo ripeto ancora mentre mi sforzo di trattenere lacrime che mi vibrano tra le ciglia, e mentre lo faccio mi guardo attorno: in quella stanza tutto è colore, tutto è vita.

Anche Loredana ha perso il lavoro. O meglio, è stata costretta a licenziarsi perché la sua aspettativa era terminata e adesso il lavoro è rimasto solo al marito Salvatore. Su questo tema Loredana taglia corto, “tutto ciò che conta sono solo le cure di Silvia”, mi dice. Io però resto ferma per un pò a quel posto di lavoro perso e all’unico stipendio che adesso deve sostenere una famiglia di quattro persone, visto che Silvia ha anche un fratello che la sta aspettando giù in Sicilia.

Di nuovo mi arriva forte e chiaro il valore delle mura in cui ci troviamo mentre Loredana mi parla. Attraverso le Case Accoglienza Tommasino, la Fondazione è in grado di ospitare fino a 111 persone al giorno, che significano 40.515 notti gratuite e un risparmio stimato di circa 1.215.450€ annui per le famiglie per il solo pernottamento.

Esco dalla stanza.
Lascio Loredana e Salvatore parlare e ridere con Fabio; Rachele e Silvia sono al tavolo insieme ad Angela a finire i loro disegni. Le tragiche storie che ho sentito si mischiano all’amore e ai colori della stanza trasformandosi in un abbraccio caldo. Se dovessi descrivere tutto ciò con la frase di una canzone sarebbe senza dubbio:

Questo vuoto che per assurdo è come se mi riempie”.

Oltrepassare il cancello delle Case di Accoglienza della Fondazione Tommasino Bacciotti significa uscirne svuotati da tutte le stupidaggini a cui siamo abituati a pensare ogni giorno, trascorrere qualche ora lì dentro riempie di tutta la vita che si respira in quel cuore pulsante che è la ludoteca insieme ad Angela, e a tutti i bambini che lasciano un pezzettino di sé lì dentro.

 

Sul sito https://www.tommasino.org/donazioni/ nella sezione “Aiutaci”, è possibile sostenere la Fondazione attraverso


Il corridoio d’ingresso agli appartamenti di Via dello Steccato 37. I muri colorati sono proprio opera di Angela

Dipinti e disegni che donano colore anche all’interno degli appartamenti

Silvia colora insieme alla mamma

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La Ludoteca


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