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L’accozzaglia dei migliori






Il nuovo Dpcm uscito nei giorni scorsi conferma in sostanza lo scenario precedente. Fino a Pasquetta avremo ancora divieto di assembramenti, coprifuoco alle 22, chiusura di molte attività e sistema dei colori per classificare le regioni.

Continua insomma la dittatura sanitaria di Giuseppe Conte. Ah no però, aspetta un attimo. Conte non è più il Presidente del Consiglio dal 13 febbraio, al suo posto è arrivato Mario Draghi e si è formata una nuova maggioranza. Ma allora come mai non si sentono i soliti strilli di chi nei confronti delle misure contiane denunciava le pericolose restrizioni di libertà, la follia di chiusure nocive per l’economia, l’autoritarismo di un premier che a colpi di Dpcm metteva a rischio la democrazia?

La quasi totalità dell’informazione, sia televisiva che della carta stampata, ha accordato le lingue sulla nuova sinfonia dell’adulazione smodata e cieca verso l’Uomo della Provvidenza Draghi. Intorno all’ex presidente della Bce si è costruita una narrazione agiografica nella quale ogni giorno trovano posto la sottolineatura di aspetti tanto ridicoli quanto spia di un servilismo assoluto, dalla sobrietà per capigliatura e scelta delle cravatte sino alle clamorose virtù che si nasconderebbero dietro le sue abitudini di fare colazione con cornetti integrali. L’incompetenza dell’era Conte insomma è sparita per il racconto mainstream, sebbene Draghi abbia confermato ben 11 ministri del vecchio esecutivo e non abbia assolutamente cambiato linea sulle questioni che Arabia Viva considerava il motivo concreto dell’apertura della crisi a dicembre: Servizi, Mes, gestione della pandemia.






Ad essere cambiata è invece la maggioranza, la quale si è allargata fino a diventare una grande accozzaglia che va dalla Lega fino a LeU; Draghi, nome invocato dai grandi giornali da almeno una decina di mesi, è finalmente arrivato a salvare la patria, e Renzi ha così potuto mettere in atto quella strategia concordata con l’amico carcerato Verdini per spostare a destra il baricentro dell’esecutivo, tagliare le gambe all’ascesa politica di Conte e della coalizione giallo-rosa che lo sosteneva e soprattutto apparecchiare una nuova tavola per spartire il ricco bottino del Recovery tra le solite lobby e gruppi di potere.

Questo è il governo di Confindustria, degli apparati finanziari e di tutti coloro che hanno sparato a zero sul “sussidistan” invocando il liberismo più sfrenato e politiche per le industrie, ovviamente con soldi dello Stato. E in questo ritorno alla normalità, messa in pericolo dal parvenu Conte e dalle sue politiche, il governo di “alto profilo” annunciato da Sergio Mattarella ha finito per configurarsi come il peggiore incubo in cui potessimo ritrovarci.

Gli italovivi barricaderi Scalfarotto, Bellanova e Bonetti, usciti dalla porta tre mesi fa strombettando di non volere poltrone, sono rientrati dalla finestra senza un minimo di vergogna, e hanno permesso con il loro cavallo di Troia di riportare al governo la Lega e Forza Italia, con un pregiudicato plurinquisito e pagatore per vent’anni di Cosa Nostra che ha potuto partecipare da protagonista alle consultazioni. Il governo dei migliori, come da più parti è stato definito, vede il ritorno come ministri di Maria Stella Gelmini e Renato Brunetta, coloro che nel terzo governo Berlusconi massacrarono rispettivamente la scuola pubblica e la pubblica amministrazione; ancor più eccellenti sono i nomi dei sottosegretari, tra cui meritano nota Lucia Borgonzoni alla Cultura, colei che si vantava di non leggere un libro da tre anni, Stefania Pucciarelli alla Difesa, quella che si augurava i forni per i migranti, Francesco Paolo Sisto alla Giustiza, l’avvocato di Berlusconi nei processi per le escort.

Questi ed altri personaggi di altissimo profilo compongono il governo del fare, della ripartenza, della competenza e dell’efficienza. Il vertice è chiaramente San Mario, persona sulle cui doti senz’altro non si può discutere, ma in campo economico, non politico, e che in ogni caso rappresenta un orientamento molto preciso, come insegna il suo passato legato alle privatizzazioni, alle grandi banche, all’establishment europeo.

La politica italiana, con le lodevoli eccezioni di Fratoianni, della Meloni e dei dissidenti 5 Stelle, sale compatta su un carrozzone in cui le idee e le differenze di colpo si annullano, e il Pd, ad esempio, dopo aver dato per anni dei fascisti a quelli della Lega ora ci governa insieme. E pensare che dalle stesse sponde politiche, in terra imprunetina, c’è chi (in assenza di contenuti) attacca le opposizioni per il loro battagliare unite sui temi locali, dove le loro idee sono sempre state convergenti. Vai avanti tu, che a me scappa da ridere.

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