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La storia di Roberta, la “nonna lavoratrice”: 80 anni di età e 73 di carriera!






Greve in Chianti – 80 anni di età e 73 anni di carriera. Dai Colli Fiorentini ha conosciuto Roberta, nonna lavoratrice di Greve in Chianti, che per il giorno del suo compleanno ha deciso di farci un regalo raccontandoci la sua storia. Una storia particolare, che vede la donna tutt’oggi impegnata nel suo amato mestiere, facendola diventare un esempio di emancipazione ed un simbolo per il nostro territorio.

Nonna Roberta nasce il 30 marzo 1941 a Chiesanuova. È l’ultima di 5 figli e proprio per questo da tutti viene chiamata “Robertina”. Fin dalla più tenera età il suo mondo vede protagonisti due oggetti: un ago ed un filo. Roberta, infatti, già all’età di quattro anni entra a contatto con la sua grande passione, il cucito. Una passione che le fa conoscere la sorella maggiore ed un talento che spicca dalle sue mani e subito viene notato. Mentre frequenta la scuola primaria, a soli 7 anni, inizia a lavorare per aiutare la sua famiglia e, seppur per necessità, questo fu solo il primo passo della sua lunga carriera da sarta.

Nonostante il grande impegno scolastico, mescolato a quello che ricorda più come un divertimento che come un lavoro, Roberta decide di lasciare gli studi dopo la quinta elementare per dedicarsi completamente alla sua carriera. È lei stessa a raccontarci la gioia e la leggerezza di quei giorni: “la maestra consigliò a mia madre di farmi continuare con gli studi, ma le difficoltà economiche della mia famiglia non mi permisero di farlo. Dopo la scuola ho così continuato a lavorare. Nel laboratorio eravamo quattro giovani ragazze e ci divertivamo molto tra i tessuti e la macchina da cucire”.






La voglia di crescere umanamente e professionalmente era però tanta, ed è così che nel 1956 – a 15 anni – la bambina di Chiesanuova decide di salire il primo grande scalino, lasciando le colline e muovendo i primi passi tra i palazzi di Firenze. Il primo impatto con la città non è facile: “il primo lavoro che trovai a Firenze mi vide impegnata in una sartoria da uomo. In realtà l’incarico durò un solo giorno: il datore di lavoro mi chiuse dentro il laboratorio ed io da sola passai lì tutta la giornata. Non era però quello il mio sogno”.

Le sue speranze, infatti, erano rivolte ad un atelier fiorentino che realizzava abiti da sera. Forte delle sue aspirazioni Roberta non si lasciò frenare da niente, ed è proprio per quel laboratorio che si ritrovò a lavorare in poco tempo. “Ai tempi guadagnavo mille lire a settimana e, di queste, 600 le spendevo per l’abbonamento della Sita. Ero combattuta: il lavoro mi piaceva molto, ma i soldi che potevo mettere da parte erano pochi”.

In poco tempo, però, Roberta viene assunta in un nuovo laboratorio in Via Ghibellina, uno dei luoghi che per sempre segnano i suoi più dolci ricordi: lì cresce professionalmente, umanamente e sentimentalmente. Nel 1958 conosce infatti Alvaro, suo futuro marito, che fuori da quel palazzo di Via Ghibellina le dedica alcuni dei suoi momenti più felici, proprio come quando – ci ricorda commossa Roberta – il 27 ottobre 1959 i due, giovanissimi, decidono di iniziare una storia d’amore che non sarebbe mai finita.






Dopo il matrimonio con Alvaro nel 1963 inizia la sua avventura a Greve in Chianti, luogo che non avrebbe più lasciato. Un sacrificio fatto per amore: Roberta, infatti, decide di lasciare l’affezionato laboratorio fiorentino per intraprendere il suo lavoro da casa. E così, di lì a poco, la donna si trova immersa tra il mestiere di sarta e quello di mamma delle sue due figlie, Valeria e Lucia.

Soltanto per un breve periodo decide di posare l’ago per aiutare la cognata a dipingere lenzuola, un lavoro che la metterà di fronte ad una brutta prova: l’utilizzo del petrolio per la tintura le provocò infatti problemi tiroidei, ragione per cui decise di tornare a vivere della sua grande passione.

Cucire mi dava soddisfazione, mi dava la carica. Le persone mi chiedevano aiuto ed ormai le ragazze che avevano bisogno di me erano diventate amiche. Nel sistemare un abito e cucirne un altro mi raccontavano i loro segreti e questo mi divertiva”

È il febbraio del ’79 quando una di queste “ragazze” le propone di iniziare a lavorare per lei e per il suo laboratorio. Nonostante le prime incertezze, Roberta decise di provarci, inconsapevole che proprio in quel laboratorio avrebbe lavorato fino al nuovo secolo e che proprio lì, dietro quella macchina da cucito avrebbe visto trascorrere gli anni e la storia, fino ad addirittura il 2021! Ed oggi, infatti, all’età di 80 anni continua a vivere del suo mestiere o, meglio dire, del suo primo vero amore, dedicando alcune ore a settimana dentro al laboratorio.

“Quella è la mia vita, mi fa stare tanto bene” – con queste parole Roberta chiude la ricostruzione del suo ricco percorso, ammettendo: “Iniziai questo impiego per passione. Non ho mai percepito l’idea di stare in casa come un obbligo per il mio genere. L’essere donna non mi ha impedito di buttarmi sul lavoro

Nonna Roberta è così un esempio di emancipazione che non ha sentito competizione di genere. Una donna che si è fatta strada con le proprie mani, che fin da subito ha percepito la bellezza dell’indipendenza e la voglia di essere libera: libera dagli stereotipi e dalla “pesantezza” degli anni. Ed in effetti, nonostante i 73 anni si carriera, la passione e la voglia da lei dimostrate sono sempre quelle di una giovane ragazza!

Arrivata ai sui 80 anni ammette di non voler niente di più di quello che ha: la sua famiglia a tavola, felice, come nel giorno del suo compleanno. Ed infine, rivolgendosi alle sue nipoti – ed a tutte le ragazze del futuro –  con grande amore e lucidità, conclude con un consiglio: “Studiate, siate sicure di voi ed indipendenti. Cercate di diventare Donne, abbiate personalità. Vogliate bene, portate rispetto e pretendetelo, sempre”.

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