Nel “decadentismo” toscano: una domenica a Toiano, paese fantasma
La sua pagina instagram (CLICCA QUI) è seguitissima e le persone apprezzano l’idea di Leonardo, un ragazzo che non indossa maschere ed è così come si mostra. Noi lo abbiamo incontrato per farci raccontare la sua storia e andare, proprio come fa lui con i suoi disegni, oltre le apparenze.
Si aggira per la città con un blocchetto di carta e una matita, osserva le persone, ne scruta i tratti riconoscendone i valori e li ritrae, senza farsi notare. Poi, concluso il disegno, si avvicina ai suoi soggetti e li sorprende con un piccolo prezioso dono, regalando quel ritratto che ha realizzato per loro.
No, non è un supereroe e non porta un mantello, anche se la sua storia varrebbe un film, anzi cambiamo tempo verbale…varrà un film. Né tantomeno è un fannullone – così veniva additato in adolescenza per il tempo “perso” dietro al disegno-, come dimostra la sua storia.
Flortrait, nome del profilo Instagram, piattaforma che ha scelto per diffondere il suo “messaggio”, disegna per se stesso e per gli altri, per un sorriso che lo ripaga del tempo destinato a quel ritratto, per condividere un momento, una passione, uno sguardo. Un gesto disinteressato costituisce il fulcro della sua missione:
“Donare umanità e dedicare il mio tempo agli altri”.
Un’eredità che Flortrait vuol lasciare per creare una società migliore: meno egoista e individualista, una diffidenza che la pandemia ha accresciuto e ora va limata, lavorata ai fianchi, come possiamo e riusciamo. Chi è Flortrait? Un portatore sano d’empatia.
“Siamo abituati a una società dove nessuno fa niente per niente e ci aspettiamo sempre un interesse preciso dietro a un comportamento. A volte le persone che ritraggo vogliono ripagarmi con soldi ma io non accetto, non lo faccio per ricevere in cambio denaro ma per l’idea di condividere, ovvero pensare al prossimo. Per non creare fraintendimenti, il più delle volte lascio il disegno di fronte alla persona ritratta e me ne vado”.
Flortrait è il nome d’arte di Leonardo Ciari e rappresenta l’unione di “Florence”, inteso come Firenze ma anche come fiorire e “Portrait”, ovvero ritratto. Mercoledì sera, verso le 18:45, lo abbiamo incontrato in Piazza Duomo a Firenze, giunto in città dalla periferia: Leonardo, 31 anni, è originario di Montespertoli, dove vive e lavora come fornaio e pizzaiolo, affiancando alle fatiche lavorative l’appagamento della sua passione artistica. “Disegnare mi ha salvato la vita”, ci dice.
Al collo, come segno della gioia di condividere, porta una pietra che un signore austriaco gli ha donato per ringraziarlo del ritratto e sull’avambraccio destro “indossa” un tatuaggio a cui è molto legato: una clessidra accompagnata da una citazione di Picasso, “movimento è vita”.
“Ogni volta che disegno, guardandomi la mano, vedo la clessidra che cambia prospettiva a seconda dell’azione del mio braccio: è un promemoria per ricordarmi di non cedere all’immobilismo, che il tempo è vita e che il mio obiettivo è là davanti, devo solo muovermi per raggiungerlo.
Il tempo è centrale nella sua poetica.
Leonardo e quello che adesso è (è ciò che fai che ti qualifica) vengono da lontano, ovvero da un vissuto dai tratti forti, le mancanze affettive e la svolta personale: conoscerne la storia significa comprenderne scelte, pensieri, filosofia e indagare, andando a fondo, su temi sociali centrali della nostra attualità. Proprio lui ci ha detto, di fronte a una birra: “Le persone sono come libri: vanno lette e capite”. Proviamoci!
“Nasce tutto da qui”, inizia.
Ovvero dalla presenza di genitori assenti: il divorzio quando Leonardo aveva 12 anni causato da una relazione extraconiugale del babbo, la mamma che non l’ha mai incoraggiato nei confronti dell’arte e se ne è andata di casa quando il figlio aveva 19 anni. Non pensavano che lo studio e il disegno l’avrebbero portato da qualche parte, volevano soltanto che lavorasse nel bar di famiglia e avesse uno stipendio:
“Ho sofferto la mancanza affettiva nella fase di crescita e con questo vuoto ci ho convissuto tutta la vita, con l’obiettivo di colmarlo. Il tema della genitorialità è fondamentale e pervade tantissime famiglie e di conseguenza molti bambini: lavoriamo troppo e ciò ci impedisce di coltivare le relazioni e crescere in maniera adeguata i figli”.
A 15 anni la scelta del Liceo artistico a Empoli, dove ha coltivato la passione del disegno, almeno fino all’inizio di un periodo buio della sua adolescenza, vissuto in depressione a causa di una relazione sentimentale finita male: “Smisi di inseguire quello che volevo essere e lasciai la scuola, senza diploma”.
Furono i nonni, in questa fase, a prendersi cura di lui, a crescerlo come un figlio e trasmettergli i valori che oggi promuove con la sua attività: “Mia nonna mi ha insegnato l’amore, mio nonno il rispetto per gli altri”.
Leonardo non andava a scuola e già lavorava come fornaio, con turni notturni che gli permettevano di provare sport come riempitivi, di tempo e legami: calcio, nuoto, soprattutto la boxe nella quale riusciva e che le ha insegnato principi come umiltà, perseveranza, autodisciplina. “Mi ha formato”. Ma neanche le attività sportive colmavano quel vuoto.
Senza scuola né formazione culturale, senza una presenza stabile dei genitori e un obiettivo di vita chiaro, Leonardo si sentiva ignorante e completamente smarrito. Almeno fino all’8 ottobre 2016, la data che Flortrait riconosce come il momento di svolta: “Ritrovai per caso un blocchettino polveroso di quando andavo al Liceo, lo interpretai come un segnale; mi mancava andare a scuola e credere nella mia passione. Chiamai allora il Liceo artistico di Firenze Leon Battista Alberti che proponeva corsi serali, il giorno dopo ero in classe: quando mi dissero che avevano posto mi misi a piangere, sapevo che sarebbe stata la mia salvezza”.
Per 4 anni Leonardo ha vissuto in un’apnea totale, immerso anima e corpo nell’obiettivo di riprendere in mano la sua vita e concludere un percorso di formazione: “Dormivo 5 ore a notte. Da mezzanotte alle 7 di mattina lavoravo come fornaio, dormivo dalle 8 alle 13, poi prendevo l’auto e raggiungevo la scuola a Firenze dove avevo lezione dalle 17:00 alle 22:00, il tempo di tornare a Montespertoli e dovevo di nuovo rientrare a lavoro. Nei ritagli di tempo studiavo, mentre il sabato sera, unico momento libero della settimana, rimanevo a casa a leggere, dipingere, informarmi. Sono stati anni faticosi ma ne è valsa la pena e sono riuscito a diplomarmi prima del covid”.
Ed eccoci qua al periodo di pandemia, a quel “ne usciremmo migliori” che non ha tenuto fede ai propositi lasciando scorie ancor maggiori di diffidenza e invidia sociale che Leonardo, da un anno a questa parte, prova ad avversare con umanità spontanea e sincera, utilizzando il potere dei social come cassa di risonanza del suo esercizio d’altruismo.
Come reagiscono le persone che Leonardo ritrae?
“Molte sorridono, sorprese. Alcune non comprendono, altre non accettano perchè pensano voglia esser pagato. Si è persa totalmente l’idea che qualcuno possa fare qualcosa in maniera spensierata o senza interessi, ed è questa prospettiva che cerco di cambiare con i miei regali”.
C’è un aneddoto al quale sei legato?
“Una volta ritrassi un giovane, scoprii che si chiamava Peter, 23 anni originario della Repubblica Ceca. Stava disegnando Ponte Vecchio. Quando gli portai il mio disegno, voleva pagarmi. Gli spiegai, in inglese, quello che facevo e gli dissi: “Vorrei che imparassi, da questo mio gesto, la bellezza del condividere”. Poi me ne andai. Dopo pochi metri lo vidi che mi stava fotografando, mi inviò la foto regalandomela e mi disse esattamente le stesse parole che avevo pronunciato a lui. Aveva capito il messaggio!”
Come ti definiresti, con poche parole?
“In pace con me stesso. Quando doni un disegno lasci qualcosa di te agli altri e lasci una traccia del loro passaggio terreno, è qualcosa di forte. Sono fiero di me, di come mi sono risollevato e di quello che faccio: lo farò fintanto che c’è bisogno di un tale messaggio d’umanità”.
Leonardo, oggi, quando è ispirato, raggiunge Firenze e disegna. Con il suo blocchettino ci va perfino in discoteca (poche volte, non ama le discoteche) e su instagram racconta come nascono i suoi regali, raggiungendo migliaia di persone. Non vuole tradire i suoi ideali né vuole vendersi per pubblicità e spera che il documentario in programma per il 2024 possa propagare i valori che incarna. Il suo sogno, come ci racconta, è quello di viaggiare in camper per paesi che non conosce, scoprirli e scoprire le persone, dedicando ancora il suo tempo agli altri. Ovunque siano. Del resto, l’arte abbatte i confini e in uno spazio finito come un foglio di carta Leonardo disegna un messaggio universale.
