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La notte dell’Europa






I devastanti effetti del Covid-19 si stanno manifestando senza distinzione di età tra la popolazione, in una progressione almeno per il momento destinata a salire. Non sono solo gli esseri umani ad essere consumati da questo virus, ma a risentirne è tutto il tessuto sociale ed economico, e quelli organi già deboli e logorati paiono indirizzati verso l’ultimo miglio.

Tale è il destino dell’Europa, intesa almeno come istituzione politica. Come ha detto Massimo Cacciari qualche giorno fa, il coronavirus ha dato un colpo mortale al processo di integrazione europea a alla UE così strutturata, la quale si è rivelata incapace di creare uno spirito comunitario e di mettere al primo posto il benessere dei cittadini.

Le istituzioni europee, questo è vero, hanno potuto fare ben poco a livello sanitario per contrastare l’epidemia, e d’altronde ogni singolo Stato ha avuto difficoltà nel trovare contromisure ad una situazione inaspettata e mai verificatasi negli ultimi cento anni; non c’era da aspettarsi dunque miracoli da Bruxelles e Strasburgo, ma è sull’atteggiamento adottato che ancora una volta la politica del Vecchio continente si è rivelata fragile, o per meglio dire inesistente.

Non si è creata minimamente una regia comune per affrontare il problema, lasciando l’idea che ognuno dovesse cavarsela da solo e fare come meglio credeva. Anche il sostegno verbale ai Paesi più colpiti, come l’Italia, è arrivato tardi, facendo passare un deleterio messaggio di inconsistenza, l’ennesimo di un’Unione che di fronte ai problemi più seri e drammatici delle persone, si veda la situazione dei profughi siriani, preferisce voltarsi dall’altra parte.

Come se non bastasse, alla già devastante indifferenza si è aggiunta la mazzata delle parole di Christine Lagarde a seppellire ogni fiducia degli italiani nell’Unione. La Presidente della Bce, rigorista d’annata, tra i principali aguzzini della Grecia, è stata capace con poche parole di una sciagurata conferenza stampa di affossare l’economia del nostro Paese, mandando a picco la Borsa di Milano e facendo schizzare lo spread.

E mentre ogni stato membro se ne frega dell’altro, i principali aiuti morali e soprattutto materiali arrivano dalla Cina, che ha teso all’Italia una mano salda e nobile come la sua antica e splendida civiltà. La UE rimane una realtà vuota, che si occupa di tutto fuorché delle reali esigenze della sua popolazione: si ratificano con il nord America trattati come il CETA per far arrivare sulle nostre tavole rifiuti alimentari, si fanno accordi con dittatori come Erdogan per tenere gli immigrati fuori dai confini, si concentra l’attenzione su ridicole inezie.

Esempio sommo, il dibattito sull’abolizione dell’ora legale, approvata dal Parlamento europeo nel 2019 e corredata da una serie di allucinanti studi sugli effetti del mantenimento dell’ora alternata sulla salute, roba che a raccontarla sembra una barzelletta (si veda il Venerdì di Repubblica del 6 marzo scorso). Di fronte a ciò, come è possibile pensare che nella gente possa mantenersi, o nascere, un senso di appartenenza europea, di legame con le sue istituzioni?

L’Europa come dimensione comune sul piano politico, ma anche economico, è attualmente inevitabile, e uscire per “farcela da soli”, o addirittura “tornare alla lira”, come ripete la folle propaganda sovranista, non ci porterebbe da nessuna parte. Lo scontro nazionalistico e la chiusura in se stessi ha già portato guerre e morti, dunque non bisogna commettere ancora gli stessi errori. Ma non c’è dubbio che in questo momento l’Europa non esiste più, autodistrutta da chi non ha saputo tenere vivo un sogno nato con ben altre prospettive.












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