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Tornerà la vita, tornerà la Festa

Nessun rionale può dire che non se l’aspettava. In fondo, date le circostanze ci eravamo rassegnati un po’ tutti alla prospettiva di dover stare un anno senza Festa dell’Uva. Il comunicato ufficiale dell’Ente uscito giovedì scorso ha però ugualmente avuto un effetto lancinante su ognuno di noi, spegnendo quella speranza che seppur flebile albergava ancora nel profondo.

Purtroppo non c’erano alternative, o se c’erano avrebbero comportato un rischio troppo grande a livello organizzativo ed economico nel caso di un riaffacciarsi dell’emergenza sanitaria; d’altronde sia in Italia che all’estero tanti eventi culturali e tradizionali sono stati annullati, e persino il Palio di Siena ha dovuto alzare bandiera bianca e darsi appuntamento alle carriere del 2021. Se la mente comprende, l’istinto passionale vive nello sconforto: “il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce”, scriveva Pascal, e i rionali imprunetini sanno quanto sia dannatamente vero.

Cosa faccio a settembre? A migliaia ci siamo posti questa domanda giovedì sera. Settembre senza Festa dell’Uva per chi la vive è un concetto impossibile da tradurre in concreto, un’astrazione che non ha modo di essere né pensata né rappresentata. Il calendario del rionale è fatto da un solo mese, mentre gli altri sono un contorno di preparazione e attesa. Ognuno il 1 settembre entra in una dimensione astorica e atemporale che lo assorbe ogni singolo giorno fino al “funerale” del lunedì post sfilata, in un’inspiegabile magia che lo lega ad una famiglia allargata, a un colore e a un territorio.

Consapevoli che quest’anno non sarà così, e che dovremo testare un qualcosa di nuovo e imprevisto nelle nostre vite, ci sentiamo vuoti e tristi: settembre non sarà settembre, come ha scritto la settimana scorsa Silvia Colombi nella sua rubrica. In due occasioni la Festa dell’Uva era saltata nel suo appuntamento finale della domenica a causa del maltempo, nel 2003 e nel 2013; qualche anno la premiazione era avvenuta per le stesse ragioni a carri fermi, mentre nel 1957 la sfilata era stata non competitiva e aveva visto la partecipazione straordinaria di Sandra Milo.

Mai però negli ultimi settant’anni non si era vissuto il mese di settembre, mai era saltata la condivisione di quella che rappresenta senza dubbio la vera essenza della Festa. Per trovare l’ultima volta in cui Impruneta era stata privata della sua tradizione più sentita bisogna tornare al 1949, l’ultimo anno di una pausa bellica iniziata nel 1938 (secondo l’albo dell’Ente da tutti accettato, mentre Leo Codacci nel suo libro la fa iniziare al principio del decennio successivo) e che aveva tenuto impegnato il paese in problemi ben più gravi.

L’Impruneta del dopoguerra era un borgo in parte distrutto, con la sua millenaria basilica squarciata dal bombardamento alleato del ’44 e un tessuto economico e sociale da ricostruire, in linea con il resto della Penisola. Gli imprunetini di allora seppero rimboccarsi le maniche e non farsi sormontare dalle tante difficoltà, rimettendo a posto in pochi anni ogni pezzo della loro chiesa e avviando un processo di ripartenza di cui un’intera comunità fu partecipe.

In questa risalita verso le stelle trovò posto anche la Festa dell’Uva, che sebbene fosse osteggiata da coloro che volevano relegarla nel passato a causa delle sue originarie implicazioni fasciste, fu rianimata da un energico gruppo di cittadini e rionali, tra cui troviamo nomi ancora ben presenti nella memoria del paese come il dottor Manrico: così nel 1950 Impruneta poté tornare a vestirsi dei suoi quattro colori, riattivando una storia che attraverso una lunga evoluzione è giunta sino a noi. Ed andrà avanti, ancora e ancora.

Perché la Festa dell’Uva non è una sagra, una tradizione agreste o una tradizione come ce ne sono a centinaia. La Festa dell’Uva è la vita di un popolo, l’identità inscalfibile di tante persone che non potrebbero esistere senza, che per essa piangono, ridono, si disperano, cantano e si abbracciano, sudano e si sacrificano. Questa Festa è la nostra essenza, e se è stata in grado di superare una lunga guerra sarà di sicuro in grado di superare un anno sfortunato: lo prenderemo come un letargo invernale più lungo del solito, vivendo una trepidante attesa prolungata nel tempo. Ripartirà la vita e ripartirà la Festa. Il che, in fondo, è la stessa bellissima cosa.

Collettivo Giovani Impruneta

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