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IL VALORE DELLA MEMORIA






Tra i tanti ed irreparabili danni che il Covid ha fatto nelle vite di migliaia di ragazzi, uno dei più crudeli è stato l’aver tolto loro la possibilità di prendere parte ai Viaggi della Memoria. L’iniziativa che ogni anno le scuole e l’Aned organizzano per portare i giovani nei luoghi dell’Olocausto rappresenta una delle più straordinarie occasioni per vivere un’esperienza che lascia un segno profondo nella vita di chi vi partecipa.

Alcuni di noi questo Viaggio l’hanno fatto alcuni anni fa, visitando i campi di sterminio di Dachau, Mauthausen, Gusen e la Risiera di San Sabba, nell’italianissima Trieste. A 14 anni si vive una fase di passaggio tra ciò che resta dell’infanzia e l’adolescenza, ed entrare in luoghi simili cambia il modo di pensare, di relazionarsi alle cose, crea sensibilità nuove e apre gli occhi sulla Storia e sul nostro ruolo di custodi della memoria; si torna a casa diversi, più maturi e consapevoli, irreversibilmente penetrati da quella devastazione mista a rabbia di cui l’animo di un essere umano si nutre dopo essere stato in un campo di concentramento.

La memoria è un frutto tanto prezioso quanto sottile, perciò la si cerca di trasmettere in primis ai ragazzi delle scuole. Al lavoro di insegnanti e associazioni, all’attività dei media e alle testimonianze di quei purtroppo sempre più rari superstiti dobbiamo la possibilità di poter conoscere cos’è stata la tragedia della Shoah, di capire come mai è stata possibile e di trarne una lezione per far sì che quella follia non possa ripetersi mai più.






La liberazione del campo polacco di Auschwitz, il 27 gennaio del 1945, dista da noi ormai 76 anni, un tempo lungo nel quale accanto ad una solida memoria si è però costruito anche un clima di minimizzazione, quando non di negazione; i rigurgiti del passato hanno tenuto sempre accesa una fiammella, divenuta oggi un pericolosissimo fuoco alimentato dai crescenti nazionalismi, odi, divisioni in noi e loro.

L’Olocausto non iniziò con le camere a gas, con le leggi razziali o le persecuzioni violente, ma si presentò sotto la forma sordida della propaganda più becera, cavalcando la crisi di un periodo post-bellico e di crisi economica e l’antico antisemitismo mai sopito in Europa. Furono le masse a permettere ai regimi fascista e nazista di andare al potere per via democratica e di plasmare poi la società sulle idee della supremazia razziale, della disumanità del popolo ebraico e della necessità di effettuare una purificazione per eliminare la malerba israelita: “La conservazione dell’esistenza razziale dell’uomo promuove la vittoria dei migliori, dei più forti e consente di effettuare la sottomissione del peggiore e del più debole”, scrive Hitler nel “Mein Kampf”.

Che fossero “uomini comuni”, come ha sostenuto Christopher Browning, o “volenterosi carnefici”, come ha proposto Daniel Goldhagen, i tedeschi che sostennero l’ascesa del nazismo e parteciparono, anche con la sola indifferenza, al genocidio del popolo ebraico furono avvelenati da idee distruttive viste in origine come isolate esternazioni di qualche estremista: lo stesso vale naturalmente per l’Italia, per la quale per troppo tempo si è utilizzato il falso mito degli “italiani brava gente”.

La Shoah ha spezzato la vita di 12 milioni di persone, di cui la metà ebree, dopo che nei lager la belva umana aveva tolto loro ogni residuo di dignità, sostituita da un numero tatuato su un braccio. Non è superfluo rileggere ogni anno le parole di Primo Levi, conoscere la storia di Oskar Schindler, ascoltare i ricordi strazianti di figure dall’immenso valore morale come Sami Modiano o Liliana Segre, a cui tra l’altro il Comune di Impruneta ha conferito da poco la cittadinanza onoraria dopo il voto unanime del Consiglio Comunale.

Ciò che è successo potrebbe ripetersi, e contro ogni forma di odio e intolleranza sta a noi combattere, usando le armi della memoria, della cultura e della comprensione delle differenze. Anche se pensiamo di non poter far niente, ognuno di noi ha un ruolo fondamentale per lasciare nel passato gli orrori più indicibili che possono muovere dall’essere umano: il 27 gennaio sta lì ogni anno a ricordarcelo, insieme al soffio del vento che porta con sé le anime dei milioni di martiri della follia nazifascista.

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