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“Il silenzio degli Innocenti” 

Mentre il Covid-19 fa sentire le nostre vite sospese  ‘sul filo dell’acqua’ ad un binario parallelo fra la Salute, patrimonio primario del mondo  e l’Economia,  a cui seguono  le rinunce e i sacrifici di alcune fasce, con le loro famiglie,  esiste un boato nel foro del tempo dato dalle voci soffocate del ‘Silenzio degli Innocenti ‘. 

Sono le voci di  tutti quei giovani che sono stati strappati alla vita, senza una logica, capitando per uno scherzo amaro del destino, in un contesto di odio, aggressività e disumana barbarie. Qualcosa che non si può connotare,  ma li ha uccisi imprevedibilmente. 

“Ti volti di schiena e qualcosa ti ammazza”. 

Non una malattia , non un incidente. 
A proposito di questo oggi scrivo collegandomi con Luigi Ciatti, che ho avuto il piacere di avere con me in alcune iniziative per i giovani nel nostro territorio.  Vicino a lui sua moglie, mamma di Niccolò Ciatti e Sara Ciatti, sorella di Niccolò, che lottano insieme a Luigi per una causa che aspetta giustizia, con il ciglio della razionalità e dell’ amore eterno di una mamma e una sorella. 

Luigi ha la stabilità di un padre. Qualcosa di tangibile. In lui si scorge la linearità della sofferenza , quella che si contiene sempre in una dignità impeccabile e urla invece da dentro come in un quadro di Munch: L’ “urlo.” 

Non è la prima volta che scrivo sul ‘nostro‘ ragazzo fiorentino  Niccolò Ciatti, ucciso con un calcio sferrato alla  testa mentre era stato spinto a terra. Ho scritto parlando di biografie indelebili.  Il tragico fatto collegato a Niccolò è successo  in una discoteca spagnola, esattamente il 12 agosto del 2017. 

Esiste un video che ha  fatto il giro del mondo, rappresentato dalla folle furia che coinvolse Niccolò Ciatti. La scena la conosciamo ormai tutti: una discoteca diventata un’arena a senso unico, senza gladiatori alla pari, ma con carnefici e una sola vittima.

Firenze e il pianeta intero pianse la morte priva di logica di Niccolò Ciatti. Oggi, dopo quasi 4 anni, questa Storia, che poi non è un fatto di cronaca ma la vita di un ragazzo, resta immobile,  sotto il filtro  paradossale di un ‘addormentamento spettrale’ .

Oggi la Toscana si trova n zona rossa e migliaia di giovani potranno muoversi solo per motivi di stretta necessità, legati a fattori di motivato studio o lavoro, rinunciando alla vita sociale. Alcuni giovanissimi lavoratori di specifici settori decisi dal DPCM potranno continuare a lavorare.

Riferito a ciò, io e Luigi abbiamo immaginato Niccolò ancora fra noi, nel luogo che più lo tratteggia, esattamente al Mercato centrale di San Lorenzo a Firenze, al suo banco di verdura, nella bellezza dei suoi venti anni: lui simbolo dei giovanissimi lavoratori del nostro Sistema.  

“Luigi  cosa diresti ai giovani che oggi sono costretti a restare a casa a causa del Covid ?
“Di resistere e usare la filosofia perché passerà e avranno tutta la vita davanti. Torneranno liberi e questa esperienza deve renderli più maturi.  Non hanno altre scelte adesso, ma un giorno sceglieranno ogni giorno la loro vita”.

Poi parla di suo figlio:

“Niccolò era  una persona  semplice,  un ragazzo   senza tante pretese e dalla vita comune  “. 

Colpisce come Luigi pronunci queste parole, in un mondo dove spesso  ingigantiamo e idealizziamo tutto. Uno spazio dove abbiamo bisogno di grandi ambizioni per essere felici. Niccolò, poco più ventenne lavorava volentieri, utilizzava mani e testa.

“Vai e chiedi ai lavoratori del mercato chi era Niccolò e vedrai che ti diranno di lui “- 

dice il suo babbo. 
Una targa posta al mercato Centrale  lo ricorda:

” Sei passato nei nostri cuori …”

Passato, come passano le stagioni, gli amori, i colori, i guai, le gioie e invece qui passa una vita in pochi attimi, lasciando un solco. Il sindaco Nardella allora volle lasciare Niccolò impresso su Firenze per sempre. Fra 100 anni …chiederanno di lui.

Chi era? 
“Un lavoratore del nostro mercato fiorentino “. 

Passeranno le generazioni e la targa lo ricorderà in eterno. Lo abbineranno a qualcosa di vivo, come il folclore di un mercato , il lavoro ‘ nobile’ di un giovane uomo. Questa parola acquista un senso profondo, colmo di dignità e sicurezza del lavoro, in cui le mani e la testa bella di Niccolò restano un esempio.

Tutti qui al mercato  lo ricordano. Per un motivo o un altro qualcuno lo rammenta, chi per il sorriso, la disponibiltà, la sveltezza,  la serietà. Soprattutto perché un lavoro così sacrificante Niccolò lo portava avanti con gioia.

  “Gli faceva tanta fatica  svegliarsi presto al mattino”, dice Luigi. Nicco amava dormire,  sorride.  

Lo immagina che si stira, ancora in pigiama, con il volto ancora rigato dal guanciale. Un viso ovale e la faccia dolcissima,  nata per essere baciata. Baciata dalla mamma e dal babbo .

” Ti aspetto eh”.

 Un genitore aspetta sempre il proprio figlio , anche quando finge che non sia così.  Adesso nella casa Ciatti si vive per Sara, la sorella minore di Nicco, cresciuta di un balzo dopo la sua morte.  Restano i genitori, soli, con una comunità che di certo li ama, una comunità meravigliosa, una giustizia da raggiungere ad ogni costo , ma soli nella “stanza del figlio”. Ed ecco che subentra un altro scenario mentre il Covid si trova fra noi, quello che riguarda le camere dei giovani innocenti che parlano: gli oggetti si animano, di giorno e di notte , non esiste far riposare il pensiero che si posa su ogni ricordo. 

“Guarda la sveglia sul comodino , segna ancora l’ ora in cui Nicco avrebbe dovuto alzarsi per andare a lavoro “. 

Foto, borse dello sport, nel caso di Nicco una cuffia per il nuoto. La sciarpa viola della Fiorentina. Antognoni che piange alla sua commemorazione. 

“La domenica era bello ascoltare la partita”.

La tazza preferita per il latte del mattino. Non fuma più, resta fredda fra la ceramica  bianca. La ragazza che per tutta la vita resterà la sua futura sposa, sempre bella come una rosa intatta. 

Ora lui però lascia liberi tutti, perché la sua bellezza non tiene legati i giorni  lontani. Una rosa resterà comunque. Nicco veglia come una lucciola silenziosa su chi ama. Chiama solo la loro felicità.  

Lui voleva solo crescere e crescere, lavorare, alla ricerca di quella che in tanti chiamano monotonia e che invece era per lui una “vita davanti.” Pochi semplici sogni : mettere via dei risparmi. Fare un viaggetto se poteva. Ridere la sera con gli amici e la fidanzata.  Comprare una casa, con anche un amico a 4 zampe.  

‘Il Ciatti‘ come lo chiamavano all’ Istituto superiore Meucci, era così: ” un ragazzo buono con sogni semplici “.
Amava la musica, il mare, la mamma, sua sorella e raccontava al babbo di essere un po’ geloso di carattere, ma in senso dolce.

In quella maledetta estate , aveva pensato di fare una piccola sosta al suo lavoro, con gli amici di una vita, entrando in un luogo come tanti, del divertimento. Luigi qui specifica che le discoteche se servite bene, con guardie, controlli ed altro, oltre a un numero giusto di persone , possono essere scelte per divertirsi ogni tanto e non vuole ripudiarle,  perché Nicco amava la musica dei suoi 20 anni.

Amare la musica e il divertimento fa parte della quotidianità di un giovane e non dovrebbe mai portare alla rinuncia, solo perché non si riesce a evitare o contenere la violenza. Chi di noi si aspetta di morire mentre risulta voltato di spalle?  Quella notte  in molti  restarono impietriti dalla paura, l’ amico Andrea monto’ sulla schiena di un mastodontico gigante, tentando  di salvare il suo amico, ma in pochi secondi si trovò a terra , senza fare in tempo: Niccolò cadde e ricevette il colpo fatale. Ormai Luigi lo racconta con calma , non piange, ma nel suo sguardo resta il  dramma delle ultime parole : 

 ” Si è accorto sicuramente che non poteva alzarsi e di stare per morire e magari giaceva incredulo della sua fine”  . 

La discosta era stracolma e nessuno lo ha salvato.  Per questo essa è diventata un capo di accusa, pur dichiarandosi parte lesa. Di leso o liso, consumato,  c’ e’  solo il dolore e la croce della perdita. 

Nell’ aprile del 2020 la Corte di Girona, accetta finalmente  il ricorso della famiglia Ciatti, con l’ imputazione, oltre per chi sferrò il colpo, anche per colui che lo spalleggio’ nel brutale pestaggio. Poi il covid ha fatto andare a rilento i tempi della giustizia iberica e purtroppo non si intravede neppure la speranza di farlo diventare un caso limite che può rientrare nel percorso della giustizia italiana. Specifica Luigi: 

” Non accade mai  e quindi non ci spero “. 

Causa quindi contagi per covid e prassi complesse, ora tutto si ferma. Il ragazzo imputato si trova però già in carcere, anche se la difesa aveva chiesto la scarcerazione per pericolo di contagio,  ma non riuscendoci.  L’ altro imputato, risulta però ancora libero.

Luigi sogna solo di fare un viaggio, motivato dal raggiungimento della Corte di Appello di Girona, che ha appunto accolto il ricorso ad aprile 2020. Luigi sogna di andarci in un domani prossimo in auto , con un permesso speciale , anche da solo se occorre. Non importa usufruire dell’ aereo o delle comodità. Ogni giorno si reca al cimitero e chiede a suo figlio di aiutarlo a resistere e farcela. Resilienza.   

” Non posso che stare calmo, non abbiamo altra strada che aspettare”.

Fanno riflettere queste parole…possiamo solo accettare e sperare.  
L’ immagine del raggiungimento della giustizia non lascia posto alla vendetta , non sa che farsene Luigi che chiede solo la coerenza dei fatti. 

Sa che una volta raggiunto ciò,  si sentirà vuoto perché non riavrà mai indietro suo figlio e entrera’ per sempre nella stanza di Nicco, dove quella vita di passaggio lo ha riempito di un amore immenso, unico , forte, che non si potrà spegnere mai. Dove la sua mamma e sua sorella staranno sempre ad aspettarlo.  

 Luigi ha le mani di un babbo, le spalle grandi e la fronte sicura del padre e non perde mai la sua stabilità come il babbo più bello della terra. Invece purtroppo lui risulta un padre come tanti,  a cui tocca una sorte assurda, nel pianto.    

Supplica i giovani di non fare mai del proprio narcisismo una motivazione di vita, di non soccombere alla violenza e di non sceglierla mai per nessun motivo. Lo dice disperato. Ha seguito il caso di Willy e  di tanti altri. Dice di morire ogni volta. Due, tre volte. Basta. Ci vuole una Legge forte, per cui non capiti più.  Il silenzio degli innocenti echeggia nel foro del tempo. 

Sabrina Merenda

Sabrina Merenda nasce a Firenze. Intraprende inizialmente studi a contatto con il mondo dell'Arte. Laureata in Pedagogia con Indirizzo Psicologico Evolutivo e specializzazioni in Comunicazione, con questa nuova Rubrica associa il suo sapere scientifico - umanista con la penna biografica. Scrive da quando è bambina e ha pubblicato svariati testi di ogni tipologia, con riconoscimenti importanti e il raggiungimento di titoli prestigiosi come quello Internazionale di "Universum donna" inerente il suo immenso contributo nel settore della Cultura e a fianco dei giovani.

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