Notizie in Tempo Reale dal Territorio

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Temi del momento

Il sangue ignorato della Palestina






Un uomo avanza di passo svelto verso un piccolo nugolo di fotografi e giornalisti. Indossa un paio di jeans, ai piedi ha dei sandali consumati. In testa un cappellino blu con la tesa che prova a mascherare, senza riuscirci, le lacrime dignitose. Ha intorno alcuni amici, forse parenti, e tiene in braccio quello che sembra un fagotto bianco. In quel telo, in quel lenzuolo che diventa una sindone, c’è il corpo senza vita della sua bambina di cinque anni, la più giovane delle vittime dei bombardamenti israeliani su Gaza che nei giorni scorsi sono costati la vita ad 8 persone e ne hanno ferite 44.

Ala’a, questo il nome della piccola, è solo l’ultima di una lunga serie di bambini palestinesi trucidati dalle bombe di Israele: solo l’anno scorso furono 67 durante l’ondata di violenza di maggio. Quelli che riescono a rimanere vivi, sono costretti ad affrontare ogni volta la stessa tremenda paura. Gli stessi rumori di sirene ed esplosioni, lo stesso odore di fumo, lo stesso terrore che pervade ogni muscolo del corpo. Sono le sensazioni che trasmette una delle foto simbolo di questa ennesima stagione di sangue: mostra un gruppo di bambine che appoggiate ad un muro, l’una stretta all’altra, piangono e si disperano mentre la morte piove dal cielo.

L’offensiva israeliana è stata scagliata dopo giorni di tensione con la milizia armata palestinese per l’arresto di un leader dello stesso gruppo da parte delle forze di Israele. Le tensioni tra i gruppi ribelli e Tel Aviv sono alimentati da un blocco alle importazioni che Israele applica dal 2006 sull’enclave occupata. Di recente, i leader dell’Islamic Jihad hanno chiesto nuovamente al governo di Israele di porre fine al blocco delle importazioni che colpisce due milioni di persone, di interrompere gli attacchi aerei e di rilasciare alcuni prigionieri, proponendo la mediazione dell’Egitto.






E’ una disputa che riguarda un conflitto decennale, una guerra che prosegue dal 1948 e che ha portato enorme sofferenza da entrambe le parti. Il dato incontrovertibile è che c’è un popolo, quello palestinese, che da oltre settant’anni non ha più una patria, sottratta, schiacciata, rubata da guerre e operazioni di occupazione che hanno ridotto la Palestina ad un fazzoletto territoriale diviso tra la Cisgiordania e la Striscia di Gaza. Gaza è l’unico luogo al mondo dal quale non si può neppure fuggire quando piovono le bombe.

Alcuni giorni fa Save The Children ha pubblicato una ricerca sui bambini che vivono in questo lembo di terra affacciato sul nostro Mar Mediterraneo. Il rapporto si chiama “Intrappolati”, e vi si legge che più di un milione di bambini è costretto a vivere in una prigione a cielo aperto: di questi, 800mila circa non hanno mai vissuto un giorno senza blocco. Nonostante il verificarsi dell’ennesima carneficina, l’Europa e il mondo occidentale si voltano allegramente dall’altra parte.

I media hanno dato pochissimo spazio alla piccola Ana’a e agli altri morti della nuova ondata di bombardamenti. Eppure anche qui c’è un aggredito e un aggressore. Ci sono i palestinesi, confinati in territori tra i più poveri al mondo, privati della propria terra, e c’è Israele, potenza militare con pochi eguali, appoggiata da sempre dagli Stati Uniti. Qui però non vale il mantra che ogni volta ci sentiamo ripetere per il conflitto in Ucraina (senza dubbio giusto, senza dubbio parimenti ignorante di quanto successo dal 2014 ad oggi). I morti di Gaza non hanno lo stesso peso dei morti Kharkiv, o di Mariupol, o di Kiev.






Il sangue del popolo palestinese non vale quello di altri popoli verso cui l’Occidente ha interesse a mostrarsi amico, alleato, sostenitore fino all’ultimo proiettile. Nessuno parla di mandare armi ai palestinesi. Nessuno osa dire che avrebbero il diritto di difendersi. Nessuno appende la bandiera della Palestina alle finestre, o quella dalla Pace per chiedere che Israele smetta di confinare gli abitanti di Gaza in una prigione a cielo aperto, che smetta di occupare abusivamente territori non suoi, che rispetti le decine di risoluzioni Onu mai rispettate negli ultimi settant’anni.

Il dramma dei palestinesi interessa solo a pochi coraggiosi giornalisti, a isolatissimi politici, ad associazioni umanitarie che tengono la mano tesa verso un popolo cui la stampa, le istituzioni, l’opinione pubblica sono volutamente indifferenti, in ossequio ai legami con Israele ergo al servilismo verso l’America. Rifiutare questo atteggiamento vigliacco e ipocrita è necessario.

Vittorio Arrigoni, l’attivista italiano ucciso nel 2011 dai terroristi jihadisti, concludeva ogni suo articolo dicendo “restiamo umani.” Sono parole da scolpire nelle nostre coscienze e da non dimenticare mai.

Torna in alto