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Il Pensatoio – “La sanità che vorrei” (di Patrizia Mondini)

Ecco una novità che Dai Colli Fiorentini accoglie e crea sul proprio giornale: una sorta di “Terza Pagina” vecchio stampo, al passo coi tempi dunque virtuale, che sia contenitore di contributi riflessivi volti a generare dibattito. Su scala locale e non solo. Per farlo ci avvarremo di scritti scaturiti dal pensiero critico di persone che ben conoscono le dinamiche nostrane.
Sarà il PENSATOIO di Dai Colli Fiorentini, realtà giornalistica che ulteriormente vuol distinguersi per esser piazza di discussione e possibilità di partecipazione.

In attesa di avere un numero considerevole di articoli che seguano tale “filosofia” e costruire uno spazio ad hoc, condividiamo il contributo di Patrizia Mondini, operatore sanitario e consigliare comunale di Bagno a Ripoli: a lei abbiamo chiesto di analizzare, in virtù dellemergenza in atto, la salute del Sistema Sanitario Nazionale.

La sanità che vorrei

Anche se l’epidemia non si può considerare finita, possiamo con un carico emotivo minore di quello di questi ultimi mesi, cominciare a fare un minimo di bilancio. La crisi sanitaria e sociale che si è determinata a mio parere non ha messo in luce , perché erano già evidenti da tempo, le criticità e difficoltà del sistema, ma ha reso impossibile non vederle, a partire dalla faticosissima governance e coordinamento dei diversi attori del nostro SSN, con un regionalismo spinto che sarebbe opportuno ripensare.

È indispensabile cogliere questa sfortunata occasione per scuoterci dalla rassegnata accettazione di un progressivo smantellamento del Sistema Sanitario Nazionale a cui si è assistito in questi anni in nome della sua non sostenibilità.

La politica deve rifarsi protagonista, considerare la pandemia “un segnale d’allarme “ e cogliere con una visione lungimirante e fuori dalla propaganda avvilente che ci circonda a tutti i livelli, l’opportunità di attrezzarci per il domani, adottare strumenti di flessibilità organizzativa, ragionare sui cambiamenti e modalità d’intervento che ci permettano di non trovarci nella stessa situazione alle prossime sfide che inevitabilmente si riproporranno.

Non possiamo nascondere la scarsa priorità che i governi hanno attribuito alla sanità negli ultimi decenni, basta vedere la maggiore differenza di spesa sanitaria del nostro Paese rispetto ai principali paesi europei, dovute alla politica di spesa ed in particolare al minore peso del welfare come l’assistenza e la previdenza.

Qualcosa dobbiamo pur imparare da tutto questo, per esempio andare oltre la logica della prestazione, perseguire obiettivi di salute e prendersi cura globalmente degli individui e della popolazione. Questa esperienza ha messo in risalto molto bene l’insufficienza del solo ospedale di fronte ai nuovi bisogni di salute della popolazione, si possono triplicare i posti letto in terapia intensiva, ma se non si contiene il contagio e si intercetta la malattia precocemente i letti non basteranno mai.

Di qui l’esigenza di ridiscutere le politiche sanitarie rivolte al territorio, che è in realtà stato il grande “malato”, cosa evidente soprattutto in alcune Regioni, ma insufficiente in tutte. Il concetto del mercato e l’idea di affidare la sanità alla competizione tra pubblico e privato, scelta di fondo di alcune Regioni, ha dimostrato enormi limiti e rende evidente la necessità di un potenziamento territoriale pubblico che garantisca la continuità assistenziale, sia nella cronicità, oggi problema prioritario di salute della popolazione, ma anche nelle situazioni emergenziali come quella presente.

Chi ha vissuto gli anni della grande Riforma Sanitaria che istituiva il SSN nel ’78, sa che molti di questi principi erano già presenti, e possiamo dire che è proprio quello che è rimasto di quella Riforma che alla fine ci ha permesso di contenere il virus e di resistere. Stupisce che nei piani sanitari nazionali e in particolare quelli della Regione Toscana degli ultimi decenni, si ritrovino gran parte delle strategie di intervento e modelli assistenziali di riorganizzazione della sanità che vanno nella direzione di un potenziamento del territorio, e che non siano mai decollati come sistema, limitandosi ad esperienze a macchia di leopardo mortificate da tagli , blocchi del turn over , precarizzazioni che hanno costretto a spostare le scarse risorse negli ospedali.

E’ nel territorio che attraverso modelli integrati di team interprofessionali è possibile intercettare precocemente i problemi di salute delle persone, modelli che sono assolutamente vantaggiosi in termini di prevenzione, di riduzione di riscorso all’ospedale, efficacissimi nel corso della pandemia e in tempo medio-lunghi largamente efficienti.

La stessa medicina generale che avrebbe potuto rappresentare un filtro territoriale in questa emergenza si è trovata isolata e inadeguata, soprattutto nella fase più acuta, senza un efficace coordinamento ed indirizzo, e in assenza di un’organizzazione di strutture a rete di cure primarie in collegamento e continuità con l’ospedale. In Alcune regioni questo è stato eclatante con il quasi collasso degli ospedali e i MMG (Medici Medicina Generale) che hanno pagato a caro prezzo questa disorganizzazione.

E’ chiaro che la salute nella sua complessità si può ottenere se si agisce contemporaneamente su tutti gli ambiti che influiscono sulla salute stessa, dall’ambiente, ai trasporti, all’urbanistica, alla scuola, ed è del tutto evidente che proprio qui possono avere un ruolo rilevante gli enti locali, i comuni, perché un’organizzazione socio-sanitaria territoriale efficace deve contestualizzare la sua risposta su specifici bisogni, esigenze sociali, economiche e culturali, che le amministrazioni comunali radicate nei territori possono intercettare, contribuendo a creare una rete di servizi interconnessa con la popolazione.

Sul tema delle RSA, che hanno rappresentato uno degli anelli più fragili, con l’elevato numero di contagi e di decessi, facciamo fare alla magistratura la sua parte nell’evidenziare se ci sono stati casi di comportamenti non adeguati e responsabilità penali, mi piacerebbe invece, che la politica evitando la strumentalizzazione e al di sopra delle appartenenze, ragionasse seriamente sul sistema e mettesse in discussione un modello che si è manifestato fragile e probabilmente non più adeguato. Ridiscutendo la stessa normativa in merito alle professionalità presenti necessarie (medici, infermieri), ed una maggiore presenza del pubblico non limitata alla fase di accreditamento.

Sono molti gli aspetti che richiederebbero un ripensamento, il tema delle tecnologie, della telemedicina a cui senza dubbio la pandemia ha dato una spinta incredibile, dei sistemi informatizzati avanzati per la raccolta dei dati epidemiologici fondamentali nella gestione di una pandemia, ed altro ancora, ma alla base conta la volontà della politica di rilanciare il tema della salute in tutte le politiche pubbliche. Non c’è tempo, bisogna agire subito cambiando o ritrovando un paradigma che è andato sfuggendo dove la salute del cittadino e della comunità e la loro sicurezza sono al centro.

La cosa più triste sarebbe che non si facesse tesoro di quanto è accaduto limitandosi ad intenti palliativi, superficiali, che non cambiano la sostanza, perché sappiamo che il cambiamento culturale è quello più difficile e le forze dello “status quo” sono molto attive.

Matteo Merciai

Direttore della testata online Dai Colli Fiorentini, ha fondato questa piccola grande realtà il 9 aprile 2016, lanciandosi nel sogno di raccontare il proprio territorio trasportato dalla passione e da un occhio attento e critico. Ha avuto esperienze e collaborazioni durature con Striscia La Notizia, Corriere Fiorentino, Chiantisette, Sportitalia

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