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Il carrozzone Toscano






Da appassionato di storia qual è, Eugenio Giani conoscerà probabilmente un celebre aforisma di Napoleone Bonaparte: “Ci sono due modi per far muovere gli uomini: l’interesse e la paura”.

Anche se metaforicamente, il buon Eugenio in questa campagna elettorale ha abbandonato la cravatta da inaugurazioni per indossare la feluca bonapartiana, utilizzando quantomeno la seconda delle due molle giudicate dal generale corso come in grado di smuovere l’umanità. Giani ha vinto queste elezioni regionali giocando unicamente la carta della paura dell’avversario, del terrore della destra instillato nell’elettorato come mangime nelle oche da foie gras.

Calcando sulla minaccia dei “barbari” alle porte, delle orde di SS pronte a invadere la Toscana, il neogovernatore ha raggiunto l’obiettivo di convogliare migliaia di voti di militanti di sinistra e 5Stelle verso il suo nome, seppur in molti casi tramite il voto disgiunto.

Per carità, chiariamoci subito: la sconfitta di Susanna Ceccardi è un bene e un sollievo, sia per le effettive tendenze fascisteggianti di alcuni dei suoi candidati, pescati in cloache come Forza Nuova o nella Lega salviniana della peggior specie, sia soprattutto per la manifesta incapacità dell’ex Sindaca di Cascina, personaggio onestamente irricevibile.






Aver salvato la Toscana da questa gentaglia non vuol dire però averla messa in buone mani. Anzi, tutt’altro. Giani e la sua coalizione sono immersi in queste ore nei baccanali del trionfo elettorale, e i fumi della sbornia riescono a coprire gli occhi di un po’ tutti gli elettori.

Il motto “vincere è l’unica cosa che conta” va bene però nel calcio, non in politica. Dissipando la nebbia dei bagordi post-voto, e lasciando alle spalle la paura del nemico, di sostanza nella gioiosa macchina da guerra di Eugenio ne rimane ben poca, e quella poca che c’è fa spavento. La sinistra di area Pd continua a proporre all’elettorato, in Toscana ma anche altrove, ogni volta un candidato sempre peggiore, convinta che tanto i voti arriveranno e che ci sarà sempre un nemico verso il quale proiettare le paure della gente.

La politica , nella sua vera accezione, è condivisione di un ideale, sana e continua partecipazione, mobilitazione per qualcosa e non contro qualcuno. La maggioranza di coloro che hanno votato Giani lo hanno fatto tappandosi il naso con una morsa e solo per non far vincere la Ceccardi: cosa può esserci di edificante in ciò?

La verità è che questa sinistra ha perso da tempo un legame diretto e profondo con il fu popolo, dimenticandosi di coltivare idee, valori, contenuti; quando questi vi sono, come nel caso del Pd toscano, essi si configurano come sovrapponibili a quelli della destra, e le posizioni su inceneritori, sanità, acqua pubblica, grandi opere, ambiente stanno lì a dimostrarlo.

Prezzemolino Eugenio, l’uomo dei rinfreschi e del taglio dei nastri, emblema di come non dovrebbe essere un Presidente di Regione, è stato il volto di punta di un carrozzone dove sono saliti in tanti, e dove tutti ora festeggiano la vittoria cercando di accreditarsi meriti e onori.

In primis naturalmente Italia Viva, che Giani lo aveva imposto oltre un anno fa come candidato mettendo il veto su Toscana a Sinistra e M5S. Nel proprio consueto cortocircuito masochistico, il Pd ha lasciato che Renzi dettasse la linea come se godesse di un immenso peso elettorale, e molti evidentemente hanno davvero preso sul serio quel “puntiamo al 10%” che si alzava dalle parti della Leopolda.

Sogni meravigliosi smontati dall’impietosa realtà: Italia Viva in Toscana ha preso un miserabile 4,5% (da spartire per altro con gli altri fenomeni di +Europa e Azione), e questi numeri nella “roccaforte” sono ciclopici se paragonati a quelli nazionali, dove Renzi e co. prendono l’1% in Puglia e lo 0,6% in Veneto, battuti pure dai No Vax. Il Pd continua però a tenersi l’ormai Italia Morta ben stretta, rifiutandosi di aprire un vero dibattito interno e di costruire finalmente un ampio campo in grado di accogliere chi si sente a sinistra della linea del Nazareno.

Così facendo si possono anche vincere elezioni regionali e locali, perché tanto di là ci saranno quasi sempre avversari peggiori e pericolosi, ma non si andrà mai oltre i propri piedi. A suon di vuoti carrozzoni e minestre immangiabili la sinistra muore, e muore in parallelo ogni entusiasmo verso una politica che possa essere qualcosa di diverso e superiore dal raggiungimento del mero fine a ogni costo.






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