Nel “decadentismo” toscano: una domenica a Toiano, paese fantasma
“Cosa ne pensate?”, apro questo articolo con una domanda che però non si riferisce ad adesso, su questo purtroppo possiamo dire ben poco visto che non siamo virologi, professoroni o altro (anche se molti ultimamente sono diventati dei perfetti “so tutto io”). La mia domanda vuole guardare un po’ più avanti, al “dopo”, come sarà? Come vivremo? Cambieremo qualcosa?
In cuor mio, da eterna sognatrice, spero che tutto possa essere diverso ma c’è una parte di me, quella fortemente attaccata al pessimismo leopardiano ed al realismo di Verga che sa che quando tutto rientrerà nei ranghi, sarà uguale a prima. Terribilmente uguale.
A mio avviso, sarebbe un errore madornale ignorare gli insegnamenti che questo momento ci sta dando. Il tornare a pretendere costantemente tutto e subito, il correre sempre di fretta e furia, riempire la nostra testa di stress, ansie e rabbia. Ricominciare con tutte queste cose sarebbe sbagliato eppure, molto probabilmente, sarà così perché l’essere umano è una bestia sempre bramosa di un qualcosa più grande di lui e se ne frega altamente del resto.
Quando tutto ripartirà tornerà a regnare sovrano l’egoismo accompagnato dalla sua amica ignoranza. Ci scorderemo che con poco si può fare tante e le piccole cose che adesso ci fanno sorridere verranno riposte sullo scaffale della nostra vita a prendere polvere. L’uomo tornerà ad autodistruggersi con le proprie mani. Sono troppo apocalittica? Guardo troppi film e leggo troppi libri per immaginarmi questo scenario? Forse, ma non saprei.
C’è però una parte di me, quella capace di sognare e viaggiare ad occhi chiusi che spera come non ha mai fatto prima d’ora che possa esserci un cambiamento da parte di tutti quanti. Ingenua? Forse, ma sperare non costa nulla.
Che poi, per l’amor del cielo, magari a tanti piaceva la loro vita. Erano soddisfatti del loro lavoro o dei loro ritmi, ci mancherebbe ma per quanto mi riguarda, alla domanda iniziale “cosa ne pensate?” la mia personale risposta è che io determinati aspetti della mia vita voglio, anzi, vorrei che apportassero dei cambiamenti, con calma, ma lo vorrei proprio. Dico questo perché se c’è una cosa che questo periodo mi ha ricordato con uno schiaffo bello sodo è che la vita è una, non due o tre, ma una soltanto e non ho mica tanta voglia di passarla a fare cose che mi fanno puntualmente storcere la bocca, il naso, lo stomaco e tutto il resto.
E voi, miei cari compaesani, cosa ne pensate?
Aspettando di leggere i vostri pensieri e le vostre opinioni al riguardo, vi lascio con un ragionamento bellissimo di David Grossman, uno scrittore israeliano: “Quando l’epidemia finirà, non è da escludere che ci sia chi non vorrà tornare alla sua vita precedente. La presa di coscienza della fragilità e della caducità della vita spronerà uomini e donne a fissare nuove priorità. A distinguere meglio tra ciò che è importante e ciò che è futile. A capire che il tempo – e non il denaro – è la risorsa più preziosa. Chi, potendo, lascerà un posto di lavoro che per anni lo ha soffocato e oppresso. Chi deciderà di abbandonare la famiglia, di dire addio al coniuge, o al partner. Di mettere al mondo un figlio, o di non volere figli. Di fare coming out. Ci sarà chi comincerà a credere in Dio e chi smetterà di credere in lui. Ci sarà chi, per la prima volta, si interrogherà sulle scelte fatte, sulle rinunce, sui compromessi. Sugli amori che non ha osato amare. Sulla vita che non ha osato vivere.”