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Bolliti e impresentabili






Per l’appuntamento delle elezioni regionali del 20 e 21 settembre il mantra che si alza dalle fila del centrosinistra è uno solo: fermare l’avanzata della destra populista e leghista.

L’antica tesi del voto utile, unita alla volontà di esorcizzare la minaccia destrorsa, sta muovendo il Partito democratico in una campagna in cui si cerca di far trangugiare agli elettori ogni tipo di boccone pur di portarli a votare per i propri candidati. Dalle parti del Nazareno sembrano dimenticarsi, per quanto la soglia di accettazione dell’elettorato si sia rivelata in questi anni abbastanza alta, che non ogni minestra può essere buttata giù solo perché altrimenti vincono quelli là, i cattivi.

Pensare di sconfiggere candidati e coalizioni oggettivamente tremendi, come i vari Ceccardi, Caldoro o Fitto, con gente tutt’altro che migliore è un’operazione sciocca e suicida, capace soltanto di allontanare ancora di più la gente da un mondo, quello della sinistra, che sulla carta dovrebbe fare della selezione della classe dirigente, del rinnovamento, della purezza degli ideali e della questione morale un marchio di fabbrica.






Con poche eccezioni, come l’ottimo Ferruccio Sansa in Liguria (appoggiato anche dai 5 Stelle e non da Italia Viva, come naturale), la proposta elettorale del centrosinistra è un minestrone in cui bolliti e impresentabili trovano posto con le giuste proporzioni, e in cui anche laddove ci siano candidati accettabili, come Emiliano in Puglia, le divisioni interne e le chiusure verso sinistra e 5 Stelle (sempre per i veti di Italia Viva, o Morta che dir si voglia) rischiano di consegnare il governo regionale alla destra.

Il che, soprattutto in quelle zone in cui il governo del centrosinistra si è rivelato inadeguato, vedi le Marche, non sarebbe neppure una tragedia, poiché nelle amministrazioni locali è bene che vi sia alternanza dopo un po’ di tempo e in situazioni di cattiva legislazione; è difficile da accettare però che si vadano a dilapidare migliaia di voti per scelte miopi e incomprensibili, o anche che al contrario si cerchi di ottenere il maggior consenso possibile affidandosi a personaggi poco trasparenti, beceri e spesso anche inquisiti o pregiudicati.

I casi più eclatanti di questa bancarotta politica e morale del centrosinistra sono la Campania e la Toscana, nelle quali Vincenzo De Luca ed Eugenio Giani rappresentano la perfetta incarnazione dell’impresentabile nel primo caso e del bollito nel secondo. Il profilo di De Luca è noto da molti anni. Già definito “impresentabile” dalla presidente della commissione antimafia Rosy Bindi, a cui il governatore diede dell’infame augurandole la morte, il ras di Salerno è passato all’attenzione della cronaca nei mesi di quarantena per i suoi cabarettistici e arroganti video contro Salvini, in un bue che dà del cornuto all’asino che ha fatto ridere mezza Italia.

Oltre le risate però c’è il profilo di un personaggio che il Pd dovrebbe vergognarsi di candidare, e che invece viene sostenuto senza un fiato da tutta la dirigenza. In una lettera aperta a Zingaretti, Isaia Sales qualche giorno fa sul Fatto ha portato all’attenzione del segretario i recenti scandali in cui De Luca è incappato, su tutti l’inchiesta relativa alla costruzione di strutture anti-Covid e alle modalità di effettuazione dei tamponi; Sales faceva notare anche l’altrettanto aberrante elemento delle ben 14 liste collegate a De Luca, un rifugio di ex militanti del centrodestra per la cui compilazione ci si è affidati ad un pregiudicato come Nello Mastursi: trasformismo e malaffare a braccetto.

In Toscana invece il Pd si è fatto imporre il candidato da Renzi, che nella ex regione rossa pesca quasi tutto il suo microscopico consenso. Eugenio Giani incarna tutto fuorché il tipo di figura che si vorrebbe alla guida della nostra regione: sughero che galleggia in politica da decenni, era perfetto per presenziare ad ogni sagra da Marradi a Capalbio, ma non di certo per incarnare i valori di una sinistra progressista e che vuole rilanciare il territorio puntando sull’ambiente, la sanità pubblica e smontando i vecchi incancreniti gruppi di potere.

D’altronde le affinità tra centrosinistra e centrodestra in Toscana sono molteplici, basta vedere il recente fronte comune in consiglio regionale contro il ritorno all’acqua pubblica. Montanelli una volta disse che avrebbe votato la Dc, ma tappandosi il naso. Quando la puzza è troppo forte però non è proprio possibile restare indifferenti.






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